Il numero di disoccupati a ottobre risulta pari a 3 milioni 410 mila, in aumento di 90 mila unità rispetto al mese precedente. Rispetto a un anno fa sono invece 286 mila le persone in più i cerca di un lavoro.
Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni ad ottobre è pari al 43,3%, in aumento di 0,6 punti percentuali sul mese precedente e di 1,9 punti su base annua. I giovani under 25 in cerca di lavoro raggiungono così quota 708 mila.
A ottobre si contano 55 mila occupati in meno, con un ribasso dello 0,2% su settembre, mentre restano sostanzialmente stabili su base annua.
L'Istat oggi insieme alle stime mensili ha diffuso anche i dati trimestrali. Nel terzo trimestre il tasso di disoccupazione sale all'11,8%, in crescita di 0,5 punti percentuali su base annua. In particolare, sottolinea l'Istituto, «aumentano ancora i divari territoriali, con l'indicatore pari al 7,8% nel Nord (+0,2 punti percentuali), al 10,7% nel Centro (+0,5 punti) e al 19,6% nel Mezzogiorno (+1,1 punti)».
Guardando all'occupazione, nel terzo trimestre torna a crescere il numero di occupati (+0,5%, pari a 122.000 unità in un anno). «Al persistente calo degli occupati di 15-34 anni e dei 35-49enni (-1,6% in entrambi i casi) continua a contrapporsi la crescita di quelli con almeno 50 anni (+5,5%)», spiega l'Istat. Inoltre, rileva l'Istituto, alla «sostanziale stabilità dell'occupazione italiana si accompagna alla crescita di quella straniera (+128.000 unità)».
Analizzando le diverse tipologie di lavoro, l'Istat rileva che non si arresta la flessione degli occupati a tempo pieno (-0,4%, pari a -68.000 unità rispetto al terzo trimestre 2013). Invece gli occupati a tempo parziale continuano ad aumentare a ritmi sostenuti (+4,9%, pari a 191.000 unità), ma «la crescita interessa esclusivamente il part time involontario che riguarda il 63,6% dei lavoratori a tempo parziale». Per il secondo trimestre consecutivo, continua l'Istat, con maggiore intensità, «prosegue la crescita dei dipendenti a termine (+6,7%, pari a 152.000 unità nel raffronto tendenziale) e torna ad aumentare anche il numero dei collaboratori (+5,0%, pari a 18.000 unità)».
Il ministero del Lavoro, in base ai primi dati sulle Comunicazioni Obbligatorie relative al terzo trimestre del 2014, segnala invece «un andamento positivo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pari ad oltre 400 mila nuovi contratti, con un aumento tendenziale del 7,1% rispetto ad un anno prima».
«I rapporti di lavoro a tempo determinato rappresentano circa il 70% dei nuovi contratti, con un incremento dell'1,8% rispetto al terzo trimestre 2013», segnala ancora il ministero.
«I dati della disoccupazione ci preoccupano. Ma il dato degli occupati in realtà sta crescendo. In Italia più persone lavorano rispetto a quando» si è insediato il governo ma «per riuscire a recuperare c'è ancora tanto da fare», commenta il premier Matteo Renzi. «Non bisogna - afferma - negare i problemi ma neanche guardare il bicchiere mezzo vuoto».
«Le chiacchiere stanno a zero, i posti di lavoro aumentano». Così il sottosegretario Graziano Delrio commentando i dati Istat. «I dati trimestrali diffusi dall'Istat - osserva Delrio - dicono che nel terzo trimestre 2014 torna a crescere il numero di occupati, con un amento dello 0,5% rispetto allo scorso anno, che equivale a 122.000 posti di lavoro in più. Ovviamente non basta, c'è ancora molto lavoro da fare, però è la conferma che siamo sulla strada giusta».
«Mentre al Senato il governo Renzi pone la questione di fiducia sul Jobs Act, l'Istat certifica il disastro lavoro che, dopo 9 mesi di governo, può a buon titolo chiamarsi disastro Renzi». Così Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia. «Il numero di disoccupati, pari a 3.410.000 unità, a ottobre è aumentato del 9,2% su base annua (+286.000). E il tasso di disoccupazione è pari al 13,2%, in aumento dell'1% rispetto a un anno fa. La disoccupazione giovanile è al 43,3%. Il presidente del Consiglio - continua Brunetta - dovrebbe chiedere scusa alle famiglie e ai giovani italiani. Altro che #lasvoltabuona. Altro che "Facciamo presto". Altro che Jobs Act. Mai così male dal 1977, da quando esistono le serie storiche dell'Istat. E le previsioni non lasciano intravvedere nulla di buono: continuerà ad andare sempre peggio, per il lavoro in Italia e per Matteo Renzi».