Se ne è partito scontento, Matteo Renzi, per il suo viaggio in America latina. Non per come vanno le cose in generale, non per la Finanziaria. E’ scontento per Roma. Di più, è irritato. Vede che con Ignazio Marino non se ne viene a capo, mentre quelli che dovrebbero risolvere il problema, accompagnare il sindaco all’uscita, farlo sloggiare, Matteo Orfini in primis, stanno lì, cincischiano, pestano l’acqua nelmortaio.
L’IRRITAZIONE «L’ho nominato per fare il commissario, non per fare cavolate», giurano di aver sentito il premier segretario sibilare a muso duro all’indirizzo dell’altro Matteo, il commissario. «Siamo un partito allo sbando, non si sa neanche a chi rivolgersi», avverte a sua volta Walter Verini che fu braccio destro di Veltroni in Campidoglio: «Dove, quando, come si sta discutendo del futuro di questa città, di chi candidare, di che proposta fare ai cittadini? Non si sa, non si capisce».
LA RESISTENZA DI IGNAZIO Che Ignazio Marino non intenda sloggiare, lo hanno capito ormai quasi tutti.
Già la questione della sfiducia è complicata di suo: i 19 consiglieri dem, sempre che alla fine siano convinti e compatti, hanno davanti un altro problema, quello di non voler mischiare il loro voto contrario a quello dell’opposizione, «non sarebbe un bello spettacolo che gli eletti del Pd votino assieme a quelli di Alemanno per mandar via il proprio sindaco», spiegano tra l’avvilito e il preoccupato dalle parti del Pd. E qualcuno punta il dito ancora contro Orfini il commissario, che di fronte a tante peripezie viene descritto «confuso e disarmato», non in grado di gestire la situazione a fronte della richiesta di avere una proroga e più poteri, al momento denunciata (ma non stoppata) dalla minoranza dem che è salita sulle barricate aprendo un nuovo fronte di lotta interna al grido di «basta proroghe a Orfini, via il commissario che sta sfasciando il partito a Roma».
GIOCO PESANTE Dunque? L’obiettivo era di fare pressing su Marino perché togliesse il disturbo sua sponte, la cosa sembrava fatta, ma adesso i dem si stanno accorgendo quanto sia difficile far sgombrare un sindaco. «Per molto meno fu espulso Villari, quello che non si voleva dimettere da presidente della Vigilanza Rai dove arrivò a seguito di un colpo di mano», ricorda Michele Anzaldi, attivissimo capo ufficio stampa ai tempi di Rutelli, oggi deputato renziano, che aggiunge: «Il problema è che, a partire da Orfini, trattano Marino come un compagno che sbaglia, laddove il buon Ignazio gioca pesante e noi ci facciamo prendere in giro. Il risultato è che la gente ci ferma per strada, ”non state facendo nulla”, ci grida, e come dargli torto?».