Di Cioccio e Djivas: «La PFM con De André rivoluzionarono la musica. Ora questo live attrae soprattutto i giovani»

Venerdì l'atteso concerto al Lyrick

Di Cioccio e Djivas
di Michele Bellucci
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Mercoledì 20 Marzo 2024, 11:51

ASSISI - Passerà questo venerdì dal teatro Lyrick di Assisi il tour "Fabrizio De André e PFM in concerto" che continua a rinnovarsi nonostante siano passati 45 anni da quando andò in scena per la prima volta (inizio alle 21). Nella data organizzata da Aucma per la Stagione Tourné molti dei protagonisti di quell’avventura musicale si ritroveranno sul palco per un live che si preannuncia da brividi. La prog band più famosa al mondo riproporrà in musica, ma anche attraverso aneddoti e racconti, la leggendaria collaborazione con il cantautore genovese suonando anche brani tratti dall'album "La buona Novella". Sul palco una formazione spettacolare con tre ospiti d’eccezione come il fondatore della PFM Flavio Premoli, il chitarrista storico di Faber Michele Ascolese e il tastierista Luca Zabbini.

Franz Di Cioccio, cos’ha di diverso questo concerto?
Che non ci limitiamo a fare musica fine a se stessa, perché narriamo, raccontiamo e ovviamente suoniamo. È qualcosa che permette di assimilare l’arte.

Quindi la magia di unire musica e parole?
Esatto, perché c’è una forte componente poetica e letteraria nell’opera di De André, ma è la musica che ti permette di assimilarla. Sul palco come sempre "siamo normalmente noi” che suoniamo ma c’è un vero scambio con il pubblico.

Eppure ci sono generazioni molto distanti nel vostro pubblico…
Sì, per questo è davvero bello sentire che c’è un reale interesse intorno a noi che ci raccontiamo. Abbiamo esperienze molto vaste e questo ti permette di portare in scena qualcosa di nuovo ogni volta. Non è lo stesso brano, lascia sempre qualcosa di aperto a livello emotivo e narrativo. Così dopo un po’ quella storia ti appartiene. Sono canzoni che ti fanno diventare partecipe di un’idea.

Le idee di Fabrizio De André?
Non solo. Magari lui era lì che leggeva, io mi avvicinavo e lo disturbavo… così il suo pensiero prendeva un’altra strada. Di questo ne comprendono il valore soprattutto i più giovani, che in noi vedono quel modo di concepire la letteratura che oggi un po’ manca. Anche solo parlare con loro di una canzone riattiva questa voglia di vivere una cosa insieme, diviene un abbraccio nel nome della musica e della poesia.

Patrick Djivas, come fa un progetto di 45 anni fa ad essere così vitale?
È la bellezza senza la banalità. Fabrizio era estremamente semplice nel suo modo di fare poesia, anche nelle cose più ricercate è sempre straordinariamente fluido. Ci raccontava che ogni parola era lì per un motivo e nessuna poteva essere scambiata. Ricordo la ricerca che faceva, dietro una scelta c’era sempre qualcosa. Noi abbiamo fatto lo stesso con la musica, sono note che non ti verrebbe da mettere al primo tentativo. Perciò questo disco è diventato quel che è… dopo 45 anni ha lo stesso impatto e tra 45 lo avrà ancora!

Cosa pensa che attragga in particolare i giovani?
Loro hanno sempre bisogno di parole, ora più che mai. Ce l’hanno anche con i loro artisti, certo, ci sono rapper che fanno cose di altissimo livello. Però scoprire Fabrizio e la sua magia è qualcosa che li affascina perché nonostante sia un uomo con cui abbiamo lavorato nel ’79 è ancora presente. A pensarci, nella testa di ognuno di noi sembra che potrebbe arrivare da un momento all’altro per quanto lo sentiamo attuale.

Perché secondo lei?
Sia per quel che diceva ma anche perché aveva un punto di vista mai banale, ti spiazzava e ti mostrava una cosa sotto altra luce.

Era un artista che aveva tutto, specialmente dopo l’esperienza con noi: lì ha capito che il vestito della musica aveva la stessa importanza del vestito della parola e questo l’ha fatto arrivare anche a tanti giovani.

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