Tracce, delitti imperfetti: dal 12 aprile la seconda stagione

Otto episodi per otto casi, riaperti o risolti, grazie all'analisi dei dettagli che una scena del crimine porta con sé

Tracce, delitti imperfetti: dal 12 aprile la seconda stagione
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Giovedì 4 Aprile 2024, 20:43 - Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 00:50

Un'impronta papillare, una traccia di saliva o di sangue, la cella telefonica che viene “agganciata” all'area del delitto. Non serve sempre avere un testimone oculare per trovare l'autore di un omicidio. Il delitto perfetto, del resto, non esiste: parlano i corpi delle vittime e parlano anche le scene del crimine. Per rendere merito al criminologo francese Edmond Locard che sosteneva: «Chi commette un crimine lascerà sempre sulla scena qualcosa di sé».

Tracce – Delitti imperfetti, il podcast de Il Messaggero, arriva con la seconda stagione a ribadire un principio lineare: scoprire il “chi” e il “perché” è possibile attraverso l'analisi di quei dettagli, a volte, solo apparentemente insignificanti. Saper scindere il “vedere” dal “guardare”, interconnettere l'investigazione classica con quella scientifica e giungere così a risolvere un caso.

Gli episodi della prima stagione

Per alcune storie d'Italia che questa stagione ripercorrerà con gli uomini e le donne della Polizia di Stato ci sono voluti anni di indagini. Alcuni delitti sembravano destinati a restare insoluti. Come quello di Maria Carolina Canavese, strangolata con una sciarpa e seviziata nella sua abitazione di Torino il 28 gennaio del 1997. O come quello di Carla Molinari, una donna di 82 anni che il 5 novembre del 2009 fu trovata cadavere, con il corpo martoriato dalle ferite, e senza più le mani. Quel delitto sembrava l'epilogo folle di una rapina e invece la storia era un'altra. C'era un movente chiaro e un omicida poi trovato, grazie ai tanti “dettagli” messi insieme, e condannato all'ergastolo in via definitiva. Ma le “tracce” non sono solo fisiche. Ci sono anche quelle “virtuali” ed elettroniche che, ad esempio, hanno permesso di ricostruire, per merito anche delle evoluzioni tecniche, e contestare poi l'accusa di omicidio volontario a Veronica Panarello che uccise il figlioletto di soli otto anni abbandonandolo poi in un canale in una cittadina in provincia di Ragusa. Tracce altrettanto importanti che spiegarono chi aveva prima ucciso e poi murato nella nicchia di una cantina una giovane madre: Samanta Fava. Tracce che blindarono l'accusa nei confronti dell'uomo che nella notte fra il 25 e il 16 marzo 2013 uccise il giovane Alessandro Polizzi in un appartamento non lontano dalla stazione di Perugia.

Otto episodi per otto delitti italiani, risolti grazie all'analisi di quei "dettagli" che una scena del crimine porta con sé in programma dal prossimo 12 aprile sulle principali piattaforme e sul sito de Il Messaggero

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