Casa è sempre più vicina per Chico Forti, così come il momento - atteso per 16 anni - in cui riabbraccerà sua madre. L’ex surfista e produttore tv, condannato all’ergastolo per omicidio negli Stati Uniti, è stato trasferito ieri dal carcere romano di Rebibbia in quello di Verona, dopo aver trascorso gli ultimi 24 anni nei penitenziari della Florida. Ora lo separano solo cento chilometri dalla sua città natia, Trento. E pensare che fino a 48 ore prima era dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, a circa 8.250 chilometri di distanza. «Spero un giorno di stare in Italia da uomo libero perché sono innocente», ha detto ad Andrea Di Giuseppe, parlamentare di Fratelli d'Italia eletto all'estero, che è andato a trovare il 65enne nel carcere di Verona. Di Giuseppe ha detto che Forti «è stato accolto da applausi da parte degli altri detenuti».
LE POLEMICHE
Ma appena messo piede sul suolo italiano, sono iniziate le polemiche sui costi del trasferimento e sull’accoglienza speciale che gli ha riservato la premier Giorgia Meloni.
Qualche perplessità sull'accoglienza del detenuto in aeroporto ce l’ha anche Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali internazionali: «Sono rimasto colpito che un condannato per omicidio, che ha accettato il verdetto americano, sia stato accolto formalmente da un presidente del Consiglio. In un altro paese questo probabilmente non sarebbe accaduto. Una grande sensibilità da parte del governo che andrebbe spesa anche per le migliaia di detenuti reclusi nei penitenziari italiani. Un sistema in sofferenza».
DIFFERENZE CON ZUNCHEDDU
Ad avvertire questa disparità di trattamento è stato, per esempio, Beniamino Zuncheddu, il pastore sardo che ha trascorso da innocente quasi 33 anni in carcere, dopo essere stato condannato all'ergastolo per la strage di Sinnai. «Da parte dello Stato - ha spiegato sabato al Festival della giustizia penale di Modena - non ho avuto niente, nessuna scusa, da nessuna parte». Anche perché «non si è ancora visto un risarcimento da parte dello Stato. Se non ci fossero i miei familiari sarei un barbone». «Zuncheddu ha a cuore la sorte e i diritti di tutti i detenuti, quindi - ha precisato il suo legale, l’avvocato Mauro Trogu - è molto felice che Enrico Forti abbia ottenuto di scontare la sua condanna in Italia e che le istituzioni si siano prodigate per favorire che ciò accadesse. Non nasconde però la sua delusione per essere stato totalmente ignorato da quelle stesse istituzioni che sembrano guardare più a ciò che accade nei tribunali esteri che non a come viene amministrata la giustizia in Italia».
L’INCONTRO CON LA MADRE
Appena arrivato a Montorio, la casa di reclusione alle porte di Verona dove è recluso Filippo Turetta (il 22enne reo confesso dell'omicidio di Giulia Cecchettin), Chico Forti ha compilato e inoltrato agli uffici competenti la richiesta di avere un permesso urgente per raggiungere Trento e vedere la madre, ora 96enne. La domanda deve essere vagliata ed accordata dal Tribunale di sorveglianza. Secondo il legale, Carlo Dalla Vedova, «non è possibile il diniego», visto che è «un diritto di tutti i detenuti». «È per lei che mi sono mantenuto così», ha detto l’ex surfista. In un appello rivolto lo scorso anno alla premier, Maria Loner Forti aveva ricordato l'ultima volta che aveva visto il figlio: «Andai a trovarlo in carcere in America per i miei 80 anni. Poi non ho più avuto la forza di muovermi. Ogni volta che lo sentivo, mi esortava a resistere fino a quando non lo avessi ancora abbracciato».
Dopo questo incontro, il suo legale potrebbe mobilitarsi per chiedere la grazia o aspettare lo scadere del 26esimo anno di detenzione per chiedere la libertà vigilata. «L’ergastolano comune - ha spiegato l’avvocato Tirelli - dopo 26 anni può essere ammesso alla liberazione condizionale e dunque ottenere la libertà vigilata, arrivando infine nel giro di 5 anni (periodo in cui va comunque dimostrata buona condotta) ad essere un cittadino del tutto libero per estinzione della pena».