Aveva minacciato la sua ex moglie di “diventare una belva e di prendere l’ascia” e per questo, dopo il sequestro da parte della polizia di una quindicina di coltelli nella cantina, di proprietà del nonno macellaio, era finito anche agli arresti domiciliari. Ma la lezione, ad un quarantaquattrenne di Sulmona, non è bastata, perché dopo aver ottenuto il permesso di recarsi a lavoro e in cura al Cim, ha violato in modo ripetuto le prescrizioni imposte dal giudice.
Così, ieri, per l’uomo è scattata di nuovo la misura più afflittiva degli arresti domiciliari, con l’imposizione del braccialetto elettronico e la revoca tanto del permesso di recarsi a lavoro, quanto quello di andare al Centro di salute mentale per sottoporsi alla terapia. Qui, d’altronde, non si era presentato nonostante il percorso dallo psicologo fosse stato alla base dell’accordo con il magistrato per tornare semilibero, ma soprattutto ripetutamente aveva violato, anche diverse volte nel mese di gennaio, gli orari di uscita e soprattutto il divieto di avvicinarsi alla sua ex.
Ad incastrarlo la testimonianza e la richiesta dell’avvocata della donna, Teresa Nannarone, che ha presentato al giudice richiesta di misure più stringenti, dopo che il quarantaquattrenne era stato visto e fotografato davanti all’esercizio commerciale dell’ex moglie.
L’avvertimento del tribunale, però, questa volta, è stato ancor più duro: se rifiuta il braccialetto elettronico o reitera le sue condotte, questa volta, scrive la giudice Francesca Pinacchio, sarà applicata la custodia cautelare in carcere.
La vittima, d’altronde, da un anno subisce uno stalking continuo da parte dell’ex marito: dalle minacce verbali, alle decine di telefonate giornaliere, ai messaggi e pedinamenti, fino anche all’invio di fiori che, evidentemente, non sono stati graditi dalla donna.