Terni, per la strage di Rigopiano condannato l'ex prefetto di Pescara: «Torniamo a sperare»

In aula Antonella, la mamma del ternano Alessandro Riccetti e l'avvocato Giovanni Ranalli

Terni, per la strage di Rigopiano condannato l'ex prefetto di Pescara: «Torniamo a sperare»
di Nicoletta Gigli
3 Minuti di Lettura
Giovedì 15 Febbraio 2024, 00:15

TERNI - «Con questa sentenza abbiamo fatto un piccolo passo in avanti. Ci dobbiamo rimettere al giudizio dei giudici e oggi si è aperto un varco. Io non mi sento presa in giro, sappiamo come funziona la giustizia ma oggi si è stabilito che le vite dei nostri cari andavano salvate e siamo rincuorati per questo. E’ stato molto pesante andare lì ma io e gli altri lo dovevamo, a mio figlio e a tutti coloro che non ci sono più. Per noi la vita è questa, va avanti con la speranza di un po’ di giustizia».

Antonella Maria Pastorelli, la mamma di Alessandro Riccetti, ha appena ascoltato la decisione della corte d’appello de L’Aquila sulla strage del Rigopiano.

Suo figlio aveva 33 anni, lavorava come receptionist nel resort inghiottito dalla valanga con altre 28 persone tra colleghi e ospiti dell’albergo.

Cinque ore di camera di consiglio e venti minuti per leggere una sentenza d’appello che riforma le decisioni dei giudici di primo grado aprendo un varco di speranza per i familiari delle vittime, senza più lacrime, convinti ad andare avanti per avere giustizia.

Se in appello vengono confermate 22 assoluzioni dai giudici di secondo grado arriva una decisione che fa rumore. Viene condannato per falso e omissione di atti d’ufficio l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo. Assolto in primo grado, dovrà scontare un anno e otto mesi di reclusione.

Condannati anche Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della prefettura di Pescara ed Enrico Colangelo, tecnico comunale di Farindola, entrambi assolti in primo grado.

I giudici d’appello hanno confermato le condanne inflitte in primo grado al sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, ai dirigenti della Provincia, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, al tecnico, Giuseppe Gatto e all’ex gestore dell’hotel, Bruno Di Tommaso.

In aula c’è l’avvocato ternano Giovanni Ranalli, legale della famiglia di Alessandro Riccetti, che sin dal primo giorno ha seguito passo dopo passo, anche sotto il profilo umano, una vicenda giudiziaria che gridava vendetta.

«Sono molto soddisfatto, molto» ripete Ranalli uscendo da un’aula dove a fare più rumore è il dolore dei familiari.

«Con questa sentenza che condanna l’ex prefetto e l’ex capo di gabinetto si apre un varco che in primo grado si era chiuso e che apre anche ad un’eventuale ipotesi risarcitoria, anche se il risarcimento non sarà mai in grado di alleviare il dolore dei familiari, da parte della presidenza del consiglio dei ministri e del ministero dell’interno. La sentenza di primo grado gridava vendetta - aggiunge Giovanni Ranalli -  oggi in appello si conferma che il prefetto, che doveva costituire una cabina regia,  non ha adempiuto agli atti d’ufficio facendo passare inutilmente due giorni».

Per mamma Antonella, reduce dall’ennesimo viaggio in tribunale e nei luoghi dove il suo Alessandro ha detto addio alla sua breve e feconda vita «non poteva passare il concetto che ventinove persone dovevano morire perché non c’era nulla da fare.

Bastava una turbina per aprire la strada».

© RIPRODUZIONE RISERVATA