La “Signora della scherma” se n’è andata, a 98 anni, nella sua Trieste. Era così che era conosciuta Irene Camber, la prima donna olimpionica in azzurro in questo sport: una apripista, e questa pista fu (ed è) d’oro. Tutte le supervincenti all’arma bianca vennero dopo di lei che nel 1952, i Giochi di Helsinki nei quali c’erano pure le sovietiche, conquistò l’oro al termine di un torneo sfiancante che durò dalla mattina alle 8 a dopo mezzanotte, il Sanremo di Amadeus un “breve incontro” al confronto. In casa la mamma voleva indirizzarla alla ginnastica, ma il fratello Riccardo tirava (malvolentieri) di spada e Irene gli toglieva l’arma e si metteva in guardia lei, e assaltava.
Era adolescente quando scoppiò la guerra: il papà, il poeta soldato che l’aveva incoraggiata, morì presto per vederla gloriosa, lui che lo era stato in battaglia nel 15-18, disertando dall’esercito austriaco e combattendo da italiano. La Seconda Guerra gli costò la vita in Albania, ma aveva avuto modo di insegnare a Irene che “sei tu che devi risolvere il tuo problema”. La Camber in quegli anni si laureò in chimica industriale, poi riprese il fioretto.