Qual è stato il punto di partenza?
«Il romanzo di Doyle, che mi aveva molto colpito e che ho portato sullo schermo con qualche modifica: se il libro è più melanconico, rivolto al passato, io ho puntato molto sul passaggio di informazioni tra la nonna e la nipote. E la cucina è la metafora di questo passaggio».
E’ il suo primo film tutto al femminile: ha seguito lo spirito del tempo?
«In verità ho cominciato a pensare a questo progetto nel 2014, quando puntare su storie e figure femminili non era urgente, imperativo come in questo momento. In Irlanda, dove fino a un secolo fa vigeva il matriarcato, le donne hanno sempre avuto una grande rilevanza: ad esempio, erano loro a gestire l’economia rurale dell’isola».
Come si è preparato?
«Ho fatto un lungo lavoro di ricerca, cominciando a stabilirmi per tre mesi in Irlanda, un Paese con cui non avevo particolari legami se non musicali, visto che suono il sax. E a David Rhodes, il chitarrista di Peter Gabriel che ha curato le musiche, ho chiesto la contaminazione tra il pop che gli appartiene e strumenti locali tradizionali come arpa celtica, uillean pipes, la cornamusa irlandese, il tipico tamburo chiamato bodhran».
Cosa distingue un cartoon da un film live action?
«L’animazione è solo una tecnica. L’importante è sempre e comunque la storia, cioè la sceneggiatura. Mi ritengo un cantastorie e ”Mary e lo spirito di mezzanotte” non è un film di animazione bensì un film in animazione. La ghettizzazione di questo genere esiste solo in Italia, dove peraltro trovare i finanziamenti è un’impresa lunga e difficile».
A quale pubblico si rivolge?
«A ogni tipo di spettatore. Sia ragazzi sia adulti. A giudicare dalla reazioni in sala, chiunque può identificarsi nelle mie storie».
E quale messaggio trasmette ”Mary e lo spirito di mezzanotte”?
«Nella nostra società frettolosa, ci ricorda che l’importanza dei nonni è enorme: tramandano la cultura e le tradizioni che, nel film, sono rappresentate dal colcannon, il piatto tipico irlandese che Mary impara a a cucinare».
Una curiosità: lei sa cucinare?
«Si, e me la cavo molto bene».
L’Intelligenza Artificiale rischia di soppiantare gli artisti dell’animazione?
«Non succederà mai. La creatività e la poesia, frutto dell’intelligenza umana, non moriranno mai».
A che punto è il progetto del suo primo film live action ”Oceani di carta”?
«Va avanti. Ma prima farò un film in animazione: ”Rokia nel deserto”, ispirato al mio libro Il principe della città di sabbia e ambientato in Africa, nel Mali, nella comunità millenaria dei Dogon».
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