Le dita delle mani piegate, la camminata saltellante e il folto pelo. Sul palco del teatro Quirino, Giorgio Pasotti è una scimmia. Anche lui ha compiuto una trasformazione come l’animale protagonista del racconto di Kafka. “Una relazione per l’Accademia” non è altro che un rifiuto per gli esseri umani. Quando il primate racconta agli scienziati come è diventato un rispettabile cittadino, emerge il rammarico e il rimpianto per la sua precedente condizione.
In un frac rosso fuoco, l’attore di Bergamo si arrampica sulla sedia nel proscenio, si immola e interagisce con le proiezioni video sul velo davanti a lui. Il telo, se da un lato consente di avere degli effetti visivi impressionanti, dall’altro (purtroppo) non permette di ammirare il protagonista in tutta la sua strabiliante performance.
C’è però un altro espediente scenografico da ricordare. Ed è quello che caratterizza il secondo racconto dello spettacolo “La tana”, sempre a firma dell’autore boemo.
Ma più il tempo passa, più si rende conto che questo possesso è vano. Che non significa tutto. C’è altro, fuori, di più importante. Non cala il sipario, ma la tana. Pasotti è nudo, senza più nulla. Ed esce di scena. Fuori dalle nostre mura c’è più di quanto immaginiamo. La vita è altrove, nell’altro.