I gladiatori scendono nell'arena dello Stadio di Domiziano

I gladiatori scendono nell'arena dello Stadio di Domiziano
di Laura Larcan
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Mercoledì 24 Settembre 2014, 17:09 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 15:52

Corazze, elmi, spade, e ancora scudi, schinieri, maniche di protezione. C’ tutto il “guardaroba” dei gladiatori dell’antica Roma allestito nell’area archeologica dello Stadio di Domiziano, sotto piazza Navona.

Sono ben 350 pezzi (non originali ma riproduzioni ben fatte) presentati grazie alla mostra «Gladiatores e Agone Sportivo - Armi e Armature dell'Impero Romano», curata dal collezionista Silvano Mattesini, in programma fino al 30 marzo. Una ragione in più per visitare il sito, in consegna alla Sovrintendenza capitolina (con una gestione privata) e restituito al pubblico dopo anni di oblio, e diventato, a detta dei nuovi gestori, «il quarto sito archeologico più visitato d’Italia».

Sembrano vere, armi e armature, tutte fedelmente ricostruite sul modello di reperti originali custoditi nei più importanti musei d'Italia. Dopo la grande esposizione del 2010 “Sangue e arena” al Colosseo sul tema dell’ars gladiatoria, si torna a parlare di gladiatori, con l’obiettivo di esplorarne storia, miti e costumi. Non a caso, la rassegna ripercorre un arco di storia che va dal IV-V secolo a.C. al II d.C. «Studiare il mutamento dei costumi e delle dotazioni dei gladiatori - spiega il curatore Mattesini - significa anche studiare la società romana e l'evoluzione della sua arte militare».

Ecco svelato, poi, il nesso tra Colosseo e Stadio di Domiziano. «Quando intorno al II secolo d.C al Colosseo si effettuarono lavori di consolidamento - spiega Matteo Tamburella, responsabile dello Stadio - fu proprio qui che vennero spostati gli incontri». Sul filo rosso dell’archeologia sperimentale, le riproduzioni di spade, schinieri, cinture, cingula, maniche di protezione, ripercorrono le origini della gladiatura con i primi prigionieri-combattenti, impiegati per celebrare con il loro sangue riti in onore di un defunto. O negli anfiteatri come monito per i popoli colonizzati dall'Impero.

Ecco dunque il greco Mirmidone con linothorax e machaira (una spada del IV-V secolo a.C. usata anche da Alessandro Magno), il terribile Sannita, i Traci e i Galli. Nei secoli, armi e soprattutto elmi si trasformano. Anche qui si parla di Augusto. Il primo imperatore ha avuto il ruolo di dettare nuove regole «obbligando - raccontano i curatori - i gladiatori a portare una maschera di protezione sul viso per evitare ferite troppo cruente».

I primi modelli non sono proprio funzionali: dai due fori all'altezza degli occhi non si vedono gli attacchi laterali e allora sarà Claudio a sostituirli con una griglia più ampia. Intanto l'ars gladiatoria coinvolge anche i patrizi, alcuni gladiatori diventano quasi eroi e persino il "folle" Caligola arriva a scendere in campo. Per non parlare dell'erede di Marco Aurelio (rievocato nel film premio Oscar "Il Gladiatore" con Russell Crowe). «Di Commodo si diceva fosse figlio di un gladiatore - aggiunge Mattesini - Diocleziano invece era un gran tifoso dei Traci, come il fratello Tito».

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