Alloggi, sanità e scuola nel piano dei profughi: «Doveri su lingua e leggi»

Alloggi, sanità e scuola nel piano dei profughi: «Doveri su lingua e leggi»
di Cristiana Mangani
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Mercoledì 27 Settembre 2017, 07:48 - Ultimo aggiornamento: 28 Settembre, 13:48

Il rispetto della Costituzione prima di tutto, delle nostre regole e della nostra cultura, in modo che a uguali doveri corrispondano uguali diritti. In cambio: agevolazioni e accordi per alloggi, scuola, sanità. Il Viminale approva il primo Piano nazionale integrazione per i rifugiati. Si va dalla conoscenza dell'italiano al rispetto della Costituzione, dall'uguaglianza di genere al diritto all'istruzione, alla salute e all'abitazione. Chi beneficia della protezione internazionale (74.853 in Italia) ha degli impegni verso il Paese ospitante, ai quali corrispondono altrettanti doveri per lo Stato, ed è a questi che è rivolto il progetto. Esiste, poi, una platea più ampia di persone che già fanno parte del sistema di accoglienza nazionale, quadi tutti richiedenti asilo: 196.285 in totale per le quali «viene introdotta la possibilità di partecipare, su base volontaria, alle attività di utilità sociale a favore delle collettività locali». In modo da rendere più operativa la loro presenza sul territorio. A questi si aggiungono 18.486 minori stranieri non accompagnati.

AFFITTI E LOCAZIONI
Quali i cambiamenti? Finora l'attività di integrazione era affidata alla gestione di Regioni ed Enti locali, che poco sembrano aver fatto. Ora sono previste linee guida generali che hanno l'obiettivo di portare sempre di più verso un sistema di accoglienza Sprar, quindi fuori dalle soluzioni improvvisate. Un modo per tentare di evitare la ripetizione degli errori passati, quelli che hanno generato le cooperative e i centri di accoglienza finiti nell'inchiesta di Mafia Capitale. Gli enti locali dovranno prevedere che l'uscita dall'accoglienza dai centri «venga accompagnata con un supporto all'autonomia abitativa, anche tramite la selezione di annunci immobiliari, la locazione di stanze in appartamenti con connazionali, o un supporto economico per l'affitto». Perché, «l'obiettivo per il prossimo biennio - sottolinea ancora il documento - è che le persone titolari di protezione possano accedere alle risorse che il welfare territoriale mette a disposizione. Nella consapevolezza della situazione di emergenza abitativa che coinvolge le fasce deboli di tutto il paese». Ed è proprio qui, su quest'ultimo aspetto, che si scateneranno le maggiori polemiche: sull'equiparazione dei diritti tra rifugiati e italiani in difficoltà economiche. Alcune regioni del Nord Italia hanno manifestato il loro dissenso rispetto al progetto. Veneto, Liguria, Lombardia, sono già sul piede di guerra.

Il documento, però, mira a prevenire i fenomeni di radicalizzazione puntando a costituire «uno strumento di attaccamento e responsabilizzazione nei confronti del territorio». Ribadisce, infatti, il ministro Marco Minniti che «l'immigrazione ha reso prioritario per i governi europei misurarsi con nuovi strumenti in ordine alla gestione del pluralismo culturale e religioso che necessariamente caratterizza i contesti d'accoglienza: in questo senso, la governance dell'immigrazione non può che essere anche la governance dell'integrazione». E nel processo - ha puntualizzato - ci sono in particolare due valori «non negoziabili»: la laicità dello Stato e il rispetto della donna.

LE PRIORITÀ
Tante le priorità da perseguire: il sostegno al dialogo religioso attuando il Patto per l'Islam a livello locale; rendere obbligatoria la partecipazione ai corsi di lingua; promuovere tirocini di formazione e orientamento all'apprendistato; incentivare la partecipazione al servizio civile nazionale; promuovere percorsi per l'accesso all'alloggio creando le condizioni per includere i titolari di protezione internazionale nei piani di emergenza abitativa regionali e locali; potenziare i percorsi di socializzazione riservati ai minori; rafforzare la rete dei centri per la tutela delle vittime di tratta. Il tutto sarà finanziato da fondi prevalentemente europei, «ai quali vanno ad aggiungersi le risorse nazionali che finanziano le attività degli enti territoriali». Circa mezzo miliardo, già disponibili, che potrebbero aumentare con ulteriori 100 milioni in arrivo dalla Ue, interamente gestiti dal ministero dell'Interno.