Minacce per il chiosco, gli Zof negano le accuse

Minacce per il chiosco, gli Zof negano le accuse
di Elena Ganelli
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Martedì 6 Febbraio 2024, 11:57

GLI INTERROGATORI

Hanno negato tutto riservandosi in qualche caso di depositare documentazione per supportare la loro estraneità ai fatti i componenti della famiglia Zof, colpiti martedì scorso da misure cautelari nell'abito dell'inchiesta sull'assegnazione del primo chiosco sul tratto di lungomare Capoportiere-Rio Martino a Latina. La Direzione distrettuale antimafia di Roma che ha coordinato l'inchiesta contesta a Maurizio e ai figli Fabio e Alessandro l'associazione a delinquere con modalità mafiose e la turbata libertà degli incanti alla luce dell'affiliazione di quest'ultimo al clan Travali.

Ieri gli interrogatori di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma Roberto Saulino, firmatario dei provvedimenti cautelari.

Fabio Zof, nei confronti del quale sono stati disposti gli obblighi di polizia giudiziaria, assistito dall'avvocato Giancarlo Vitelli si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha voluto rilasciare spontanee dichiarazioni dicendosi estraneo alle contestazioni della Dda. La difesa ha chiesto la revoca della misura. Anche il padre Maurizio, che si trova agli arresti domiciliari, ha scelto di non rispondere alle domande ma ha comune voluto rilasciare spontanee dichiarazioni negando tutti i comportamenti che gli vengono addebitati.

In questo caso la difesa, rappresentata dall'avvocato Alessia Vita, ha preannunciato il deposito di documentazione per poi avanzare un'istanza affinché lo storico titolare del primo chiosco venga riascoltato dal magistrato. Il terzo componente del nucleo familiare, Alessandro, che è detenuto in carcere nell'ambito di altri procedimenti penali ed è destinatario in questa indagine di una misura cautelare che lo pone ai domiciliari, ha invece voluto rispondere alle domande. Anche a lui viene contestata la turbata libertà degli incanti con modalità mafiose per avere intimidito e minacciato anche attraverso il suo profilo social gli aggiudicatari dell'area del primo chiosco oltre che il personale di altre strutture sullo stesso tratto del lungomare.

Secondo gli investigatori della Squadra mobile tra il 2016 e il 2020 si sarebbe reso responsabile, con padre e fratello, di «atti intimidatori che hanno inciso negativamente sull'aggiudicazione della prima piazzola e sulla libera attività esercitata dai gestori degli altri esercizi pubblici di ristorazione». Davanti al gip ha negato tutto e anche in questo caso l'avvocato Vita si è riservato di depositare alcuni documenti. E' stato inoltre ascoltato Corrado Giuliani, posto agli obblighi e difeso dall'avvocato Italo Montini: deve rispondere di tentata estorsione per avere cercato di recuperare un credito di droga per conto di Alessandro Zof ma lui ha negato gli addebiti e la difesa ha chiesto la revoca della misura.

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