Torna libero dopo sette anni: la buona condotta ha garantito a Michele Misseri, condannato per concorso nella soppressione del cadavere della nipote sedicenne Sarah Scazzi, uno sconto di pena di oltre 400 giorni esito del decreto “svuotacarceri” e dello scomputo relativo alla legge sulla liberazione anticipata. Andrà nella sua casa, oramai abbandonata, di via Deledda, ad Avetrana, dove nell’agosto di quattordici anni fa, secondo la sentenza definitiva che ha condannato all’ergastolo la moglie Cosima Serrano e la figlia Sabrina, si sarebbe consumato l’omicidio.
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Zio Michele torna libero
Misseri si era autoaccusato dell’omicidio, facendo ritrovare dopo due mesi il corpo della ragazzina in un pozzo, poi aveva scaricato le responsabilità sulla figlia.
LA CONDANNA
Secondo la ricostruzione dell’accusa, accolta nella sentenza definitiva del 2017, Misseri si è occupato di nascondere il cadavere della nipote, figlia di una sorella della moglie, che frequentava assiduamente l’abitazione di famiglia. Sarah sarebbe stata strangolata dalla zia Cosima e dalla cugina 22enne Sabrina, che lei considerava come una sorella. A scatenare il delitto - secondo i giudici - era stata la gelosia di Sabrina, innamorata di Ivano Russo, il “dio Ivano”, come lo chiamava, che non soltanto avrebbe mostrato interesse per Sarah, ma che l’aveva anche respinta prima di un rapporto sessuale, circostanza che la vittima aveva raccontato in giro, esponendo Sabrina ai pettegolezzi del paese. Russo era anche finito sotto processo e condannato a cinque anni per falsa testimonianza e depistaggio, reati poi prescritti. E sotto processo era finito anche il fioraio che, dopo avere sostenuto di avere visto Cosima caricare in auto Sarah, il giorno della scomparsa, aveva poi dichiarato di averlo soltanto sognato. Secondo l’accusa, Sabrina, subito dopo l’omicidio, aveva anche tentato di costituirsi un alibi, inviando dei messaggi alla cugina per invitarla ad andare con lei e un’amica al mare.
LE VERSIONI DI MISSERI
Dopo avere fatto ritrovare il cellulare di Sarah, Misseri viene risentito dagli inquirenti e il 6 ottobre del 2010 si autoaccusa dell’omicidio, sostenendo di avere incontrato Sarah nel garage dove stava sistemando il trattore. Confessa di avere tentato un approccio sessuale, di essere stato respinto e di avere allora aggredito la nipote alle spalle, strangolandola con una corda. Poi, dice, di avere nascosto il corpo nel bagagliaio della sua auto, di essere andato in campagna e di avere avuto un rapporto sessuale con il cadavere, che ha poi buttato in un pozzo, dove di fatto è stato recuperato.
L’autopsia però non rileva tracce di rapporti sessuali. Il 15 ottobre Misseri ritratta. Sarah, dice, arriva nella casa di via Deledda e Sabrina la trascinata in garage. Poi lui e la figlia concordano di punirla ed evitare che la ragazza racconti in giro delle attenzioni sessuali per lei. Sabrina avrebbe bloccato la cugina, lui l’avrebbe strangolata con una corda. Il 4 novembre una nuova versione: Sabrina e Sarah, dice Misseri, si sono incontrate per andare al mare e hanno litigato, forse per Ivano. Sabrina ha trascinato Sarah in garage e l’ha strangolata con una cintura, poi, terrorizzata è andata a svegliarlo e raccontandogli quanto accaduto. Lui l’avrebbe rassicurata. Così Sabrina sarebbe andata al mare. Misseri, secondo questa nuova versione, avrebbe caricato il cadavere e, dopo averne abusato, lo avrebbe gettato nel pozzo. Durante l’incidente probatorio, Misseri conferma l’ultima versione, ma ritratta le avances e l’abuso sessuale sul cadavere. Alla vigilia di Natale, Misseri scrive due lettere alle figlie Sabrina e Valentina, scagionando di fatto Sabrina e scusandosi per averla ingiustamente accusata, ma non spiega perché lo avrebbe fatto. Il 9 febbraio 2011 con una lettera al suo avvocato si autoaccusa del delitto. Dice di aver strangolato Sarah con una corda nel garage e che Sarah, cadendo a terra, avrebbe urtato la testa su un compressore.