«Ora dico basta. La mia carbonara è quella storica. Anzi, da questo momento la tolgo dal menu perché io mi rifiuto di stravolgerla». Gianfilippo Mattioli, 52 anni, romano originario di Casalpalocco, da 15 anni ristoratore a Londra a due passi da Liverpool Street, ha comunicato sui social il suo personale “Carbonara Gate”. «C’è chi ci chiede di aggiungere la panna, altri vogliono i funghi, chi pretende il pollo. Per alcuni è un piatto troppo salato, per altri non abbastanza cremoso. Noi rispettiamo le preferenze di tutti, ma non siamo disposti a compromettere la nostra qualità e autenticità». Che per il suo chef - Christian Roncari, di Varese - è fatta con tuorli d’uovo, pecorino romano, guanciale e pepe nero. «Siamo orgogliosi - afferma - della nostra ricetta, che segue il tradizionale stile romano, senza panna o altri additivi». Nel menu di Bottega Prelibato, ristorante da 68 coperti nel quartiere Shoreditch poco a Nord della City, era a 17,50 sterline, al cambio di venerdì poco più di 20 euro.
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LA POLEMICA
La decisione di Mattioli arriva nelle stesse ore in cui in Italia esplode una violenta polemica proprio sulla carbonara.
TRA STORIA E ANEDDOTI
La narrazione più comune sostiene che sarebbe frutto dell’incontro nel 1944 fra la pasta italiana e gli ingredienti (tuorlo d’uovo in polvere e bacon) della Razione K dei soldati americani sbarcati qualche mese prima. Altra ipotesi è che il piatto sarebbe stato inventato dai carbonai dell’Appennino che lo preparavano usando ingredienti di facile reperibilità e conservazione. Quindi una sorta di evoluzione della “cacio e ova”, di origini laziali e abruzzesi. Il termine “Carbonada” in Abruzzo stava anche a indicare la carne di suino salata cotta sui carboni. Un’ultima ipotesi ricondurrebbe l’origine della ricetta alla cucina napoletana. Detto che la cucina è comunque innovazione costante e che quella italiana è per definizione democratica perché lo stesso piatto cambia da zona a zona proprio in nome della genuità e dei prodotti della terra disponibili, non c’è dubbio che all’estero avvengono veri e propri sacrilegi. «Una questione di mancanza di cultura gastronomica», afferma Gianfilippo Mattioli che sorride raccontando dei clienti del suo ristorante perplessi, per esempio, nello scoprire che gli gnocchi sono fatti di patate. Nel mondo capita di vedere di tutto e di peggio, partendo dalla pizza con l’ananas agli spaghetti (ovviamente scotti) conditi col ketchup. L’Accademia Italiana della Cucina non molto tempo fa ha individuato 360 abituali “offese” alla cucina italiana. La carbonara è il piatto più brutalizzato (con wurstel e burro più frequentemente). Le lasagne alla bolognese vengono cucinate con uova sode e tofu e quasi ovunque vengono spacciati per tipici emiliani gli spaghetti meatballs, che in Italia non esistono. Secondo l’Accademia non vengono risparmiate neanche le ricette regionali, come la pasta alla Norma siciliana e la Bagna cauda piemontese. Per la preparazione dei risotti, ad esempio - sottolinea l’Accademia italiana di cucina - si usano riso cinese o nero, con l’aggiunta spesso di panna e liquirizia. Per la pasta al pesto l’errore è dato dalla mancanza dei pinoli, sostituiti da noci, pistacchi o mandorle. Per le lasagne l’oltraggio al gusto arriva sotto forma di strati di sottilette o panna.