Castrogno, nuova protesta. «Ora la verità sulla morte di Patrick»

La situazione all’interno del carcere di Castrogno si fa sempre più drammatica

Castrogno, nuova protesta. «Ora la verità sulla morte di Patrick»
di Maurizio Di Biagio
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Domenica 5 Maggio 2024, 05:30

La situazione all’interno del carcere di Castrogno si fa sempre più drammatica: sott’organico (solo 140 agenti contro i 218 previste) con 400 detenuti presenti invece di 200, mettono a rischio i servizi e la sicurezza. L'ultimo allarme giunge dal segretario regionale Sappe, Giuseppe Ninu: «I nostri istituti penitenziari sono navi alla deriva e, in alcuni casi, l’assenza di direttori o comandanti ha fatto implodere l’organizzazione, con il rischio della sicurezza non solo interna. S’impone un’azione efficace e profonda perché il pianeta carcere possa orbitare in ossequio al dettato costituzionale, disponendo soprattutto di un numero adeguato di poliziotti penitenziari, di operatori e professionisti del settore, in strutture moderne ed efficienti, in grado di ridurre il sovraffollamento dei detenuti, in particolare di coloro che, affetti da varie e gravi patologie, non siano costretti ad espiare la pena detentiva da reclusi, ma siano ricoverati in sedi preposte, non certamente le Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), un altro grande fallimento».

Ed è proprio in quest’ultimo passaggio di Ninu che s’inquadra la vicenda del ragazzo di 20 anni, Patrick Guarnieri, trovato impiccato nella sua cella di Castrogno il 13 marzo scorso, nel giorno del suo compleanno. Ieri mattina, davanti al carcere, è stato ricordato da un presidio di 200-300 persone (molti di etnia rom cone Patrick) tra organizzazioni, partititi politici (Radicali e Casa del Popolo), familiari (tra cui anche sua madre) e amici, presenti anche alcuni ultrà. Issati striscioni con la scritta: “Verità e giustizia per Patrick”. «Lui non era compatibile col carcere - dice Adele Di Rocco, coordinatrice di Codice Rosso, che vuole fare luce sui fatti - Il ragazzo era autistico, con un ritardo cognitivo, non doveva stare lì». «Non doveva essere portato in isolamento – aggiunge Marco Costantini, presidente di Sbarre di zucchero – tra l’altro Patrick non era in grado nemmeno di urlare».

Toccante è stato il ricordo di Diletta, autistica come Patrick: «Lo Stato è forte coi deboli e deboli coi forti, sento che le persone con fragilità sono odiate». Questo quando dal presidio parte il coro «dimissioni subito», rivolto alla direttrice del carcere. A pochi passi nella rete sono ordinatamente disposte rose bianche e post-it con le dichiarazioni di affetto di amici e parenti di Patrick («voglio ricordarti dolce com’eri»): la sorella Anastasia riempie il foglio di attimi di vita vissuti assieme come «quando mi portavi le caramelle a scuola». Ariberto Grifoni, storico radicale teramano, una vita a denunciare lo stato delle carceri italiane «assieme a Marco Pannella», invoca la riforma della giustizia «che parta dal basso, dalle carceri: i legislatori facciano le leggi che sono indifferibili, il problema è dei detenuti come dei detenenti. Oltretutto la pena, come da articolo 27 della Costituzione, deve tendere alla rieducazione». Adele Di Rocco dice di «non credere al suicidio: era entrato da vivo e ne uscito morto. Abbiamo nominato un medico di parte che farà luce sull’evento: tra qualche giorno avremo la risposta. Vaglieremo anche i video». Il 16 maggio, Di Rocco, assieme agli altri, sarà a Roma per chiedere un incontro con il ministro della giustizia.

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