Vitalizi, dopo il taglio rivolta degli ex parlamentari veneti: «Non abbiamo più i soldi per le badanti»

Vitalizi, dopo il taglio rivolta degli ex parlamentari veneti: «Non abbiamo più i soldi per le badanti»
di Angela Pederiva
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Giovedì 26 Luglio 2018, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 19:12
Il placido hotel Magnolia, mezzo chilometro fuori dal casello di Grisignano, non ha certo l'aspetto del patibolo. «Ma il popolo vuole sangue, e allora eccoli quelli da ghigliottinare, siamo qua», sorride con malcelato sarcasmo il veronese Alberto Lembo, 74 anni dopodomani, un paio di mandati alla Camera prima con la Lega Nord e poi con Alleanza Nazionale, un vitalizio mensile netto di 3.200 euro, un'imminente riduzione stimata in 1.800. E un'accusa sul capo, la stessa che pende anche su quello degli altri novanta partecipanti (di persona o per delega) all'assemblea straordinaria dell'Associazione ex parlamentari della Repubblica, convocata d'urgenza per fare il punto sui ricorsi contro i tagli decisi dall'ufficio di presidenza di Montecitorio: «Ci incolpano di essere dei parassiti e dei ladri, ma noi non ci stiamo e per questo vogliamo difendere non solo i nostri diritti, ma anche quelli di milioni di altri pensionati», promette il coordinatore regionale Luciano Righi, per due legislature deputato della Democrazia Cristiana.

Sostengono che sia uno degli incontri più affollati nella storia del sodalizio. «Erano assenti praticamente solo i soci invalidi, quelli che adesso vedranno scendere il loro assegno a 980 euro, insufficienti persino per pagarsi la badante», sbotta il vicentino Righi. L'ingresso alla sala congressi è cortesemente vietato ai cronisti. E un onorevole, alla sola vista del taccuino, sguscia via tagliando corto così: «Voi giornalisti siete tutti dei privilegiati». Come no.

Ma qualche altro suo collega dice che bisogna capirli, vista l'aria che tira soprattutto sui social, a cominciare dal post del capogruppo regionale pentastellato Jacopo Berti, a commento dell'articolo del Gazzettino che annunciava l'appuntamento («Poverini! Hanno dato una vita per il Paese e noi gli togliamo il vitalizio? Peccato che non abbiamo finito qui: in Veneto toglieremo il finanziamento pubblico anche a queste associazioni a tutela della Casta»). Una parola, quest'ultima, che il veronese Gianmario Pellizzari, a Roma per quattro legislature con la Dc, non vuole nemmeno sentire: «Sono qui piuttosto per ascoltare cosa potrebbe succedere, visto che ufficialmente nessuno ci ha ancora detto niente. Percepisco 5.000 euro netti al mese, secondo regole che non ho deciso io. Mi lasci fumare una sigaretta va', prima che mi levino anche quelle».

Trapela una discreta irritazione, dal tono delle voci raccolte davanti all'albergo. Spiega il trevigiano Mario Frasson, altro ex democristiano, due legislature e 3.000 euro netti al mese, destinati a essere abbattuti del 52%: «Nei nostri confronti sentiamo rancore, astio, rabbia, malgrado siamo quelli che con grande impegno e serietà hanno contribuito a dare libertà, democrazia e sviluppo all'Italia. Personalmente non ho proprio nulla di cui vergognarmi. Vogliono applicarci una tassazione più alta? Mi sta bene. Ma la caccia alle streghe, proprio no».

Concorda il trevigian-padovano Fabio Gava, un mandato tra PdL e Misto: «Rispetto a un lordo di 1.980 euro, dovrei scendere a 1.240, anche se non capisco perché, a parità di anni, a me sfronderebbero il 42% e a Manuela Dal Lago il 27%. Ma, a parte questo, chiedo: e i baby pensionati? Capisco che non sia più tempo di privilegi, ma allora le regole devono valere per tutti. Ben venga piuttosto un contributo di solidarietà sulla parte retributiva, proporzionato all'importo. Ma mi pare che si preferisca mostrare uno scalpo agli elettori».

Per esempio quello del vicentino Giuseppe Saretta, tre mandati con la Dc e dunque 6.500 euro lordi al mese: «Intendono sforbiciarmeli del 58,6%, accusandomi di essere un farabutto, come evidentemente devono esserlo stati anche Einaudi, Berlinguer, la vedova Moro... Ma vi pare? Il vitalizio me lo sono trovato, mica l'ho chiesto».

Stessa linea del rodigino Luca Bellotti, tris di legislature fra An, Pdl e Fli, 3.700 euro netti mensili: «Trovo insopportabile l'idea che gente eletta grazie a un clic ci faccia passare per malviventi. E quello che mi fa più male è che pure diversi miei conoscenti, influenzati dall'odio sociale che circola su Facebook e dintorni, finiscano per guardarmi con diffidenza. Ma io non mi nascondo: sono qui». E farà ricorso.
 
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