I ragazzi della Generazione Z sempre piu' connessi. Forse troppo. Non ci fanno piu' caso neanche i genitori a quante ore i proprio figli usino, anzi abusino, lo smatphone. Video giochi, chat e video, qualsiasi motivo è valido per i ragazzi, ma anche per i bambini, per tenere in mano un cellulare. E per gli adulti a volte l'apparecchio è un surrogato perfetto della baby-sitter. Ma l'allarme degli esperti è chiaro: «Sempre più ragazzi, specie dopo la pandemia racconta - preferiscono vivere online piuttosto che fare esperienze nella vita reale, con tutto quello che può derivarne, dal cyberbullismo all'hikikomori. Ma spesso sottovalutiamo il fatto che un uso eccessivo e precoce può avere conseguenze negative sul piano psicologico e sociale», sono state queste le parole di Giuseppe Lavenia, presidente dell'Associazione nazionale dipendenze tecnologiche (Di.te.), che il fenomeno lo osserva ogni giorno sul campo.
Le scuole di Seattle denunciano i social: il motivo
E ora anche gli insegnanti non ce la fanno piu'. E negli Stati Uniti se la prendono con i social. Così le scuole pubbliche di Seattle hanno intentato una nuova mega causa contro i giganti della tecnologia proprietari di TikTok, Instagram, Facebook, YouTube e Snapchat, accusandoli di essere responabili dei danni alla salute mentale di milioni di ragazzi.
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Il documento
In particolare, le scuole accusano i social media di essere responsabili della maggiore diffusione di una serie di patologie tra le quali ansia, depressione, problemi alimentari e cyberbullismo. Non solo: secondo la denuncia tutto questo rende più difficile per le scuole svolgere il loro lavoro di istruire gli studenti costringendole a chiedere il supporto di professionisti della salute mentale, sviluppare piani didattici alternativi e paralleli sugli effetti dei social media, nonché a formare gli insegnanti sul tema. In sostanza nella causa si chiede a tribunale di ordinare alle aziende big tech di risarcire i danni e di pagare per la prevenzione e le cure per l'uso eccessivo e problematico dei social media.