Gianfranco Fini, condanna con sconto per la casa di Montecarlo: «Deluso, una sentenza illogica»

All’ex presidente della Camera 2 anni e 8 mesi

Gianfranco Fini, condanna con sconto per la casa di Montecarlo: «Deluso, una sentenza illogica»
di Valeria Di Corrado
5 Minuti di Lettura
Martedì 30 Aprile 2024, 22:59 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 11:52

Dietro la compravendita dell’appartamento di Montecarlo lasciato in eredità nel 1999 dalla contessa Annamaria Colleoni all’ormai defunta Alleanza Nazionale, si nascondeva un’attività di riciclaggio di denaro realizzata dalla compagna, dal cognato e dal suocero dell’allora presidente del partito.

Casa Montecarlo, Fini condannato a 2 anni e 8 mesi

Lo stesso Gianfranco Fini avrebbe avuto un ruolo in questa operazione, con quello che i suoi legali definiscono una sorta di concorso morale. È quanto ha stabilito ieri la quarta sezione penale del Tribunale di Roma con una sentenza arrivata a sette anni dalla richiesta di rinvio a giudizio degli imputati. Dopo circa due ore di camera di consiglio, i giudici hanno condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione l’ex presidente della Camera, a 5 anni la sua compagna Elisabetta Tulliani, a 6 anni il cognato Giancarlo Tulliani, a 5 anni il suocero Sergio Tulliani e 8 anni a Rudolf Theodor Baetsen. Il tribunale ha sostanzialmente recepito l’impianto accusatorio della Procura di Roma. Se però i Tulliani sono stati ritenuti colpevoli di due episodi di riciclaggio, per Fini è stato riconosciuto il reato «limitatamente al segmento di condotta - si legge nel dispositivo letto dai magistrati - relativo all’autorizzazione alla vendita dell’appartamento» al numero 14 di Boulevard Princesse Charlotte, nel Principato di Montecarlo.

 

Gli sono state riconosciute le attenuanti generiche ed è stata esclusa l’aggravante della trasnazionalità sia a lui che ai suoi parenti. «Non ho autorizzato la vendita a una società riconducibile a Giancarlo Tulliani.

Quando ho dato l’ok non sapevo chi fosse l’acquirente perché si trattava di una offshore», ha commentando l’ex presidente della Camera lasciando la cittadella giudiziaria della Capitale. I suoi avvocati Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno hanno annunciato il ricorso in appello sostenendo che il tribunale, «dopo aver assolto Fini dalle condotte materiali del riciclaggio, ha riconosciuto nei suoi confronti una sorta di concorso morale nell’attività illecita, per averne rafforzato il proposito criminoso», ma «questo non ha senso - precisano i legali - visto che lui non aveva la più pallida idea che l’acquirente fosse Tulliani». Tesi sposata anche da Elisabetta in udienza: «Ho nascosto a Fini la volontà di Giancarlo di comprare la casa di Montecarlo, né gli ho mai detto la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello».

I giudici, inoltre, hanno ordinato la confisca di 793mila euro nei confronti di Elisabetta Tulliani, di 993mila euro nei confronti del fratello depositati su conti correnti sequestrati dalla Finanza tra il 2016 e il 2017 e 2,4 milioni nei confronti del padre. L’equivalente del bonifico con la causale «liquidazione per il decreto 78 del 2009» arrivato dalle società di Francesco Corallo sul conto corrente di Sergio Tulliani, impiegato dell’Enel in pensione, proprio in concomitanza con l’approvazione del decreto legge che «apportava enormi vantaggi a Corallo perché gli offriva la possibilità di offrire in pegno i diritti sulle videolottery».

LA REAZIONE
«Da un lato mi sento deluso, perché confidavo nell'assoluzione anche in ragione del fatto che l'aveva chiesta l’Avvocatura dello Stato, parte civile. Contemporaneamente - ha aggiunto in serata ai microfoni del Tg1 - sono curioso di leggere le motivazioni della condanna, perché è illogica. Non credo di dovere scuse a qualcuno, non credo di avere fatto torto a qualcuno. Mi devo rimproverare la leggerezza, la disattenzione, era mio dovere verificare la reale natura di quella società offshore? Forse, ma del senno del poi son piene le fosse». «A livello umano ho pagato un prezzo salato, anche per il coinvolgimento familiare. A livello politico - ha concluso l’ex presidente di Montecitorio - provo amarezza, perché qualcuno anche a destra ha colto l’occasione per dire “basta con Fini”. Però ci sta nella politica». Effettivamente, dopo lo scontro ingaggiato con Silvio Berlusconi, è iniziata la campagna mediatica sulla casa di Montecarlo, da cui è seguita la sua fuoriuscita dal Pdl e la creazione di Futuro e libertà. Un esperimento fallimentare che ha comportato la “fine politica” di Fini.

L’IMPIANTO ACCUSATORIO
Secondo l’originario impianto accusatorio, il “re delle slot” Francesco Corallo (per cui è stata riconosciuta la prescrizione), da titolare di un’impresa concessionaria di gioco legale non avrebbe pagato allo Stato italiano 85 milioni di euro di tributi erariali e una parte di quei soldi sarebbe finita, attraverso un intricato giro societario ricostruito dai finanzieri dello Scico, in tre off shore: Printemps Ltd, Timara Ltd e Jayden Holding Ltd, riferibili ai fratelli Tulliani. La Printemps era stata utilizzata per far comprare nel luglio del 2008 al cognato di Fini l’appartamento monegasco a soli 300 mila euro, poi confluito in un’altra società schermata riconducibile a Elisabetta, la Timara Ltd. Poi c’è l’accusa di autoriciclaggio, perché l’immobile «è stato rivenduto il 15 ottobre 2015 per un milione e 360 mila euro, somma che è transitata prima sul conto corrente francese di Giancarlo Tulliani, e poi è stata trasferita in parte al conto di Dubai e in parte al conto italiano Mps» entrambi intestati al cognato di Fini. Quest’ultimo ha poi provveduto a “rigirare” la metà di quella somma alla sorella. Due giorni dopo aver saputo di essere indagato, Giancarlo partì per gli Emirati: da allora non è più tornato ed è tuttora latitante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA