Manodopera introvabile, le imprese: «Il lavoro c’è, ma mancano i candidati»

Confartigianato: «Un fenomeno diffuso in tutta Italia e in tutti i settori, da quelli tradizionali alle attività digitali e hi tech, una emergenza in crescita ovunque».

Manodopera introvabile, le imprese: «Il lavoro c’è, ma mancano i candidati»
di Alessia Centi Pizzutilli
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Domenica 20 Agosto 2023, 08:49

In Abruzzo il 49,1% della manodopera è «introvabile» e il dato risulta in costante crescita: rispetto al 2022 la mancanza di lavoratori sul territorio regionale è aumentata dell’11,5%. A lanciare l’allarme sulle assunzioni è la Confederazione di artigiani e piccole imprese, che ha stilato un rapporto su dati Unioncamere-Anpal. I dati si riferiscono a luglio 2022 e lo stesso mese del 2023 e, sebbene in termini assoluti l’ Abruzzo occupi l’undicesima posizione a livello nazionale, la variazione la mancanza di manodopera tra il 2022 e l’anno in corso pone la regione al primo posto in Italia, avendo registrato la crescita maggiore (+11,5%). L’allarme di Confartigianato riguarda dunque «un fenomeno diffuso in tutta Italia e in tutti i settori, da quelli tradizionali alle attività digitali e hi tech, una emergenza in crescita ovunque».


Dal rapporto emerge inoltre che, tra le cause di difficile reperimento di manodopera, «per il 32,4% dei lavoratori è dovuto alla mancanza di candidati e il 10,8% all’inadeguata preparazione dei candidati». Per l’associazione di artigiani e i sindacati si è davanti a un paradosso: «Il lavoro c’è, mancano i lavoratori». Le cause di questo fenomeno, alimentato dal numero elevato di inattivi, nascono da diversi fattori. Ne è convinto Carmine Ranieri, segretario generale della Cgil Abruzzo e Molise: «Un ruolo fondamentale è giocato dall’inflazione, che in Italia è a due cifre ed è tra le più alte d’Europa, ma ci sono altri elementi da considerare. Il punto è che è assurdo lavorare ed essere povero». In questo scenario, secondo Ranieri, la fine del reddito di cittadinanza, «potrebbe incidere negativamente, perché molte persone tra gli ex percettori lavoravano, ma non raggiungendo un salario minimo percepivano anche questo sussidio; avendolo perso potrebbero lasciare il lavoro per fare altro». È molto importante fare un’analisi precisa delle professionalità mancanti: «Molto dipende da quale tipo di manodopera parliamo - aggiunge Ranieri - c’è poi la questione dei salari bassi: in alcuni casi si arriva a dover pagare per lavorare. Una persona assunta part time, con orario “spezzato” che lavora lontano dalla sua abitazione ne è un esempio: può prendere in affitto un appartamento o prendere una macchina per raggiungere il lavoro, ma a questo punto le spese superano lo stipendio. È un paradosso: si deve davvero pagare per lavorare? Altro tema chiave è quello delle persone inattive, quelle cioè che non cercano lavoro e non studiano e quelle che non lavorano per altri motivi. A questo si collega anche la questione della formazione che manca, bisogna puntare di più su questo aspetto e aumentare i salari, evitando così che i nostri giovani vadano via». In alcuni settori poi, «non si trova manodopera italiana, per esempio nell’agricoltura e in questo caso quindi sono necessarie politiche di inclusione», conclude il segretario della Cgil.
 

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