Luca Ravenna e lo show Red Sox, un Giro d'Italia da sold out

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Luca Ravenna fa tappa anche al Messaggero dove in sala tv trova il tutto esaurito, tra cameraman e chi scrive: è abituato ai sold out. Il nuovo spettacolo che gira l'Italia da mesi "Red Sox" fa tappa a Roma, dove ormai (zona Esquilino, zona di premi Oscar o aspiranti tali) vive "da metà della mia vita da milanese doc". Tre serate all'Auditorium della Conciliazione (23, 24 e 25 novembre, poi una ripresa ad aprile per chi è rimasto fuori). 

L'Interrogazione parte dalla domanda che lui previene con una eloquentissima felpa: maglia azzurra, B rossa come quella della leggendaria squadra del Boston Red Sox (i calzini rossi). "Un viaggio negli States, la soddisfazione di portare la mia stand up a New York, nei locali dove questa comicità da uno contro tutti è nata. Poi il passaggio a Boston, dove il mito della squadra bella, fortissima, leggendaria e sfortunata mi ha preso. E convinto a dare il nome allo spettacolo, che col nome c'entra poco come nella mia tradizione".

 

Luca ha studiato sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia: "Quegli studi mi hanno insegnato a strutturare gli show di stand up, potrà sembrare strano, ma mi ha dato l'ordine mentale di mettere battute e tempi in sequenza". Quando gli consegnamo il ciak del cuore, Ravenna sceglie La Bella Addormentata di Disney: "Sentivo parlare di questo "cinema" quando ero piccolissimo e volevo capire cosa significasse: mia madre mi porta a vedere quel film e il finale è qualcosa che mi cambia la visione delle cose. Capisco come si possa narrare una storia, trovargli un epilogo".

Nel giro del mondo della rubrica del mappamondo, Luca si ferma in Normandia: "Ho visto l'annuncio di vendita di un castello pazzesco: 3,6 milioni di euro. Un sogno, anche se io sono un metropolitano seriale. A Milano o Roma posso vivere perché senza un po' di rumore del traffico o confusione io non dormo la notte". 

Un podcast che ha aperto una strada alla comicità in streamign, Cachemire, con l'amico e sodale Edoardo Ferrario. "Sono stati tre anni di studio e live show bellissimi. Se torneremo al microfono? Se succederà, sarà un Cachemire molto diverso. Intanto siamo contenti di vedere il successo di Tintoria di Rapone e Tinti che hanno cominciato con noi".

Il passaggio a Lol rapidissimo: "Ho riso per pudore e sono stato eliminato: avevo del cibo in bocca e non volevo sputarlo in faccia a Pintus per scatenare la risata. Così è partita la smorfia ad una battuta di Ciro Priello. Anche lì prima edizione... Apripista".

I modelli a cui guarda sono vicini e lontani: "Vidi Edoardo Ferrario in una sua stand up e mi sono detto: allora si può fare anche qui. Poi penso a Lenny Bruce e l'inimitabile Ricky Gervais, ma il mio modello americano è Richard Pryor. E Belushi con quel Saturday Night Live che si faceva fino a Trump: dopo è divenuto uno show politico e mi interessa meno quel tipo di comicità Mi fa poco ridere. In Italia l'unico che fa uno show a quel livello è Fiorello: che sia mattina o sera". 

E Milano? "Sono nato a due passi dalla Porta Roma di Gaber: quella scena è un riferimento, come Elio. Il Lirico che ora prende il nome da Giorgio è un luogo dei sogni". Una specie di San Siro (in chiave nerazzurra, per carità, è Ravenna è cintura nera di interismo) e esame di laurea per la sua stand up mezzo anglosassone e mezza italiana.