Aborto e obiezione di coscienza. Quasi impossibile raccontare la situazione in Umbria per la difficoltà di accesso ai dati che abbiamo chiesto ma che non ci sono stati forniti nè dall’azienda ospedaliera nè dalla Asl Umbria 2 causa, è stato detto, concentrazione del personale sulla gestione del Covid. Per raccontare lo stato di salute della 194, si può solo solo fare riferimento ai dati pubblicati sull’ultimo report del Ministero della Salute, aggiornati al 2018. All’epoca erano 73 in tutta l’Umbria i ginecologi obiettori, ovvero il 63 per cento (sono il 69 per cento in media a livello nazionale), e oltre il 50 per cento gli anestesisti e il personale non medico (56 per cento).
Non sono disponibili dati per provincia, né per struttura. Dalla foto scattata nel 2018, l’interruzione di gravidanza è diminuita in tutte le aree geografiche del Paese, con percentuali particolarmente elevate in Umbria, dove si ha un -11 per cento rispetto al 2017 e un trend che dal 2015 vede solo segni negativi.
Il confronto dei tassi di abortività regionali evidenzia un -73 per cento dell’Umbria rispetto al 1982. Importante il ruolo dei consultori familiari che anche per il 2018 hanno rilasciato più documenti e certificazioni degli altri servizi, con l’Umbria che presenta valori di molto superiori alla media nazionale (57,7 per cento a fronte di un 44,1 per cento nazionale). Non bene per la nostra regione sui tempi di attesa, superiori alle 3 settimane per il 23,7 per cento delle interruzioni volontarie di gravidanza. Ivg e pandemia.
Ma quella dell’interruzione di gravidanza farmacologica resta un problema per l’Umbria. «A fronte di esperienze di alcuni Paesi come Francia, Inghilterra e America, dove le donne possono praticare l’interruzione di gravidanza farmacologica in telemedicina, in Umbria abbiamo ancora le due più grandi Aziende Ospedaliere dove non è possibile farlo» - afferma Marina Toschi, ginecologa di Pro-choice Rica e parte della Rete umbra per l’autodeterminazione. «Uno dei problemi che dovremo affrontare – continua – è quello riferito al fatto che molti ginecologi della nuova generazione scelgono l’obiezione. E lo fanno sia sulla scorta dell’esperienza negativa dei non obiettori, che si trovano per esempio a dover fare turni scomodi proprio perché molto rari nelle strutture pubbliche, ma anche per mancanza di formazione sul tema. Non dobbiamo certo accusare i medici
obiettori, ma lavorare affinché ci siano le condizioni affinché chi pratica IVG possa scegliere liberamente». Come liberamente potrebbero esercitare i propri diritti le donne, disponendo di dati sulle percentuali di
obiettori nelle strutture sanitarie.