Ci vuole un fiore. E un bengalese che lo cura

di Raffaella Troili
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Mercoledì 25 Gennaio 2017, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 10:19
Che ne dici 
di diventare 
il giardiniere
del mio quartiere?

@nextoliam

Alì Akabbar è in ginocchio, concentrato. Sta rinforzando un’aiula, potando una pianta, ripulendo qua e là. Da oltre due anni è il “giardiniere” ufficiale di uno spiazzale un tempo abbandonato alla fine di via Cesare Baronio, angolo piazza Diacono. Ad assumerlo è stato il quartiere, i suoi fan sono un manipoli di anziani e non, svegli e attenti alla pulizia delle aree sotto casa. C’è un non vedente che si occupa di fornire i bustoni, Roberto un ragazzo si è offerto di cambiarli. «Siamo una comunità anche se Alì vuole fare un po’ di testa sua. Parla poco ma se dice “no, non va bene...”. Era tutto sporco e abbandonato, un giorno abbiamo detto: cominciamo - spiega Rita Cusmà - ci siamo fatti aiutare da lui a togliere le pietre, pulire il giardino, tagliare l’erba».
 

“Akbar” come lo chiamano storpiando il nome, non parla bene l’italiano ma capisce eccome. Ha 37 anni, 3 figli, la famiglia in Bangladesh. Muratore tuttofare, arrotonda con le mance da giardiniere che riceve dai passanti e da chi l’ha ingaggiato. Quando il figlio è stato male - un tumore alla gamba - Rita gli ha prestato del denaro, che le ha restituito al suo ritorno dal Bangladesh lavorando sodo. Grazie alle sue cure stanno crescendo albicocchi, ciliegi, un albero del pepe, un mandorlo cinese, due oleandri, erbe medicinali e margherite, 20 piante che innaffia d’estate e d’inverno anche la domenica mattina. «Lo fa con grande amore e tra noi si è creato un forte legame. Quando non c’è manda suo cognato Kashim». Quando il quartiere si svuota, quando un anziano ha bisogno di compagnia ci si riunisce nel giardino: un rinfresco a Natale, una festa il 14 agosto. “Akbar” non manca mai.
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