L’hanno trovata che vagava di notte per una piazza di spaccio di Roma Est, sconvolta e senza nemmeno ricordare che cosa avesse fatto tre ore prima: ossia ferire con una forbice un albanese a casa del quale si era presentata pretendendo soldi e un’auto con cui potere raggiungere Viterbo. Protagonista della folle notte di violenza la 26enne Giulia Farnese discendente della nobile famiglia, omonima di quella “bella Giulia” che fece perdere la testa a papa Alessandro VI divenendone l’amante. Almeno a suo dire. «Non potete arrestarmi sono una Farnese», ha detto alla polizia. Ma agli agenti che l’hanno fermata con le accuse di estorsione, lesioni e porto abusivo di arma, l’appartenenza al casato poco importa.
I FATTI
Nessuno sfarzo, nessun castello ma i portici delle case di borgata, alla Borghesiana, a cui bussare chiedendo trecento euro e l’automobile.
Truffa e bancarotta fraudolenta: arrestata dai carabinieri
Una punta rimane letteralmente infilzata in una mano dell’albanese che aveva tentato di difendersi. Lei, in preda al panico, scappa via. Il fratello della vittima, quasi svenuta per il dolore, ha chiamato il numero unico d’emergenza 112. Sul posto sono arrivate un’ambulanza e le volanti, mentre le pattuglie del Casilino hanno avviato le ricerche della giovane donna, sul conto della quale gravano precedenti di polizia per stupefacenti e reati contro il patrimonio. I sanitari con molta cura hanno sfilato la lama della forbice dall’arto dell’albanese. Sono stati necessari alcuni punti di sutura, ma la medicazione si è comunque conclusa sul posto senza dovere andare in pronto soccorso. A quanto pare, le conseguenze, fortunatamente, non sarebbero gravi.
LE PERIZIE
In via Pietraporzia si è svolto anche un sopralluogo della polizia scientifica. Gli agenti hanno fotografato lo stato dei luoghi e repertato le macchie ematiche. E’ stata sequestrata anche la forbice usata dalla ventiseienne, nonché un pc ritenuto utile per le indagini. La ragazza raggiunta in strada, nel cuore di una delle piazze di spaccio più frequentate a Est della Capitale, è stata poi portata negli uffici del commissariato Casilino per essere ascoltata. Tuttavia non sarebbe stata in grado di spiegare cosa avesse fatto, tantomeno di renderne una giustificazione. Dopodiché è stata condotta nel carcere di Rebibbia.