Ora, al di là dell’indignazione popolare che è grande e sacrosanta, viene il momento di fissare alcuni punti fermi. Perché Roma non è affatto un’eccezione nel panorama sconfortante della generale incapacità di mettere a reddito un patrimonio pubblico nazionale di mattoni che, in tutta Italia, il Mef stimava in un valore superiore ai 400 miliardi. Le soluzioni dell’affittopoli romana possono e devono oggi divenire un modello di riferimento da adottare anche nel resto delle città italiane, se si continuerà a percorrere con decisione la strada finalmente imboccata dal commissario Tronca.
Diciamo innanzitutto che a Tronca occorre essere grati. I sindaci capitolini che l’hanno preceduto masticano amaro, giungono quasi ad accusarlo di demagogia, di assumersi il merito di un lavoro già portato avanti da altri. Non è così. Tronca non ha pubblicato qualche dato on line per salvarsi la coscienza. Ha attivato task force operative. Ha chiamato in aiuto altri apparati dello Stato. Ha fissato tempi precisi per i controlli. E ha subito aggiunto che occorre identificare e punire tutti i dirigenti che per anni hanno permesso questo scempio. Non dimentichiamo che nel Lazio l’addizionale Irpef è al massimo in Italia, al 3,3%, e idem dicasi per quella comunale allo 0,9%. A chi paga sberle di tasse non si può offrire in cambio l’incapacità manifesta di Comune e Regione di non saper incassare ciò che dovrebbero pretendere da chi deve pagare secondo canoni adeguati.
Proprio le dimensioni di affittopoli indicano qual è la vera ragione di decenni di totale “distrazione” del padrone pubblico. Non raccontiamoci la storia che si tratti di semplice incuria e inefficienza amministrativa. Quella dell’edilizia pubblica a prezzi illegittimi di favore è una grande macchina di consenso clientelare. Per questo è un commissario e non un sindaco eletto di destra o di sinistra, ad affondarvi il coltello della giustizia.
Ora si tratta di stabilire appunto delle soluzioni che costituiscano precedenti che facciano dovunque testo. Come esempi virtuosi da imitare. Ne indichiamo cinque. I responsabili – amministrativi e politici - del pregresso saranno perseguiti per danno erariale dalla Corte dei Conti. Ma intanto i dirigenti amministrativi possono e devono essere licenziati, senza attendere la Corte e le Procure. I titoli di legittimità degli affittuari vanno ricontrollati in massa, insediando appositi uffici incaricati di verifiche regolari nel tempo. Deve essere rigorosa la classificazione secondo Isee dei legittimi affittuari a canone non di mercato, ma secondo criteri di housing sociale. Gli occupanti senza titolo o con contratti scaduti da decenni vanno sfrattati, perché i canoni a cominciare dal centro devono poter garantire un giusto ritorno alla proprietà pubblica. E va definito un piano di cessioni che distingua il prezzo di offerta d’acquisto secondo criteri oggettivi.
E’ un mix di rigore inflessibile e di ripristino oggettivo di criteri di vera equità, quello che serve per ricondurre l’affittopoli romana a un esempio di virtù civica di a cui andare fieri. I cittadini di Roma e del Lazio se lo meritano, per quanto sopportano ogni giorno. Ed è bene che ogni candidato al Campidoglio scriva questo impegno come prioritario, nel suo programma, perché Tronca può solo avviare l’opera ma spetterà ad altri compierla. Estendendo lo stesso rigore a tutta la troppo estesa presenza pubblica nella vita della Capitale e della Regione, a cominciare dalla condizione disastrata in cui versano molte delle grandi società pubbliche, dai trasporti ai rifiuti. Si può fare, questa è la buona notizia. Ma bisogna farlo.
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