LA TECNICA
Partiamo dalla comunicazione ufficiale dell'Asl Roma 2: «L'intervento è stato eseguito presso il Centro di sterilità dell'Ospedale Pertini, dall'equipe medico biologica diretta dal dottor Rocco Rago. Apre alle donne affette da patologie neoplastiche la possibilità di preservare la propria fertilità prima di sottoporsi a terapie mediche o chirurgiche che possano danneggiare la propria capacità riproduttiva». Tutto è stato reso possibile dalla collaborazione tra il centro di sterilità del Pertini e la Banca del Tessuto ovarico dell'Ifo, dove una ragazza romana di 19 anni era stata indirizzata per un congelamento del tessuto ovarico. «L'equipe diretta dal dottor Enrico Vizza, considerato il tipo di neoplasia, ha ritenuto di procedere con il congelamento degli ovociti inviandola quindi al Centro di Sterilità del Pertini dove è in atto una fattiva collaborazione. Qui la donna è stata sottoposta a una adeguata terapia che ha portato al congelamento singolo di un numero di ovociti sufficiente a preservare la fertilità futura, qualora le terapie successive dovessero determinare una menopausa precoce. Al momento, presso il Centro Sterilità del Pertini, sono in trattamento altre due donne affette da tumore inviate da altre strutture pubbliche romane».
Dal punto di vista tecnico, si tratta di una pratica già collaudata. Il problema è che fino ad oggi nel Lazio mancava un percorso organizzato che aiutasse le pazienti a scegliere. In alcuni casi ci si rivolgeva in altre regioni, in Emilia-Romagna o in Lombardia. Racconta il dottor Vizza: «Negli ultimi anni ci sono state formazione e informazione agli oncologi sul fatto che non devono solo pensare a curare la malattia, ma devono tenere conto anche della tutela della fertilità, spiegare ai pazienti che ci sono delle opportunità e prima dell'inizio della terapia vanno prese delle decisioni; parliamo di un gruppo di pazienti che rappresentano il 10-12 per cento di quelli oncologici. Ma per dare questa opportunità servono reti altamente specializzate, che sappiano selezionare i giusti pazienti, capire su quale valga la pena fare degli investimenti di risorse e di competenze». E qui si arriva ai team che sono formati da diversi specialisti, ma anche da uno psicologo che deve seguire la paziente in questo complicato percorso. Ha commentato il direttore della cabina di regia della sanità del Lazio, Alessio D'Amato: «Si tratta di un risultato importante, ottenuto grazie ad alcune eccellenze della sanità romana e laziale».