Rifiuti, Cerroni sotto torchio: «Ecco il sistema, ho salvato la città»

Rifiuti, Cerroni sotto torchio: «Ecco il sistema, ho salvato la città»
di Valentina Errante
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Giovedì 16 Gennaio 2014, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 07:59

Il “Supremo” sotto torchio punta il dito. Per tre ore, ieri, ha risposto alle domande del gip che gioved scorso lo ha mandato ai domiciliari. Manlio Cerroni, ras incontrastato delle discariche romane, ha dovuto rispondere a pesantissime contestazioni, e ha ribattuto accusando i politici: tutti quelli che per più di 20 anni gli hanno garantito il monopolio. Ha negato l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti e alla frode tenuta in piedi da una rete di relazioni con politici e ambientalisti: «Non ero io a cercare i politici per chiedere favori - ha replicato alle accuse - erano loro a cercare me. Ho salvato Roma dall’emergenza e mi dovrebbero fare una statua». E adesso è proprio sui politici che punteranno le indagini, approfondendo il sodalizio che in realtà ha fatto prosperare il “sistema” tra l’avvocato e i partiti. I legali di Cerroni hanno annunciato il deposito di una memoria per dimostrare che il re delle discariche «era cercato» e non «cercava». Non operava «pressioni» ma era «pressato».

L’INTERROGATORIO

«Io ho salvato Roma dal caos rifiuti, in questa materia sono l'oracolo». E’ la versione dei fatti che ieri, il “Supremo”, come lo chiamavano alcuni dei venti indagati, ha fornito al gip Massimo Battistini e al pm Alberto Galanti. Tre ore non sono state sufficienti. L’epopea di Cerroni, avvocato, classe 1926, comincia dal ’57 e pare che il re delle discariche sia partito proprio dall’origine della sua fortunata avventura per spiegare agli inquirenti come funzionasse la gestione delle discariche e concludere: «Nonostante un sistema burocratico folle, ho evitato che a Roma si creasse un’emergenza come quella vissuta in Campania». L’interrogatorio continuerà nei prossimi giorni. Cerroni ha descritto come veniva gestita la raccolta dei rifiuti a Roma e nel Lazio, respingendo l'accusa di essere il dominus di un’associazione che sfruttava l'emergenza di Malagrotta per ottenere il via libera ai siti alternativi di Albano Laziale e Monti dell'Ortaccio. «Erano i politici a cercarmi, perché ero il punto di riferimento per lo smaltimento di rifiuti. Sulla materia - ha detto al gip - è inutile parlare con consulenti e specialisti: basta parlare con me. Io sono un oracolo». I suoi avvocati, Bruno Assumma e Giorgio Martellino, sembrano soddisfatti, annunciano il deposito di una memoria: «Ha risposto a tutte le domande. È sempre un leone. Ha chiarito tutto, ribadendo il rigore del suo operato». A chiudere la giornata è invece un comunicato che arriva da “casa” Cerroni. La nota della Colari, il consorzio del ras, conferma la linea: «Grazie alla discarica di Malagrotta, la cittadinanza romana ha risparmiato in trent'anni ben 2 miliardi di euro - si legge nel documento - l'avvocato ha risposto a tutte le domande e ha ricordato, tra l'altro, che da Natale 2011 è stata scongiurata l'emergenza rifiuti a Roma grazie all'intervento delle società del gruppo». Colari informa anche che, la versione offerta da Cerroni ai magistrati «ha fornito un contributo di novità sulle singole vicende oggetto del procedimento». Elementi ulteriori rispetto ai cento fascicoli che i difensori vogliono esaminare prima di presentare un’istanza di scarcerazione.

I RAPPORTI CON I “PALAZZI”

Intanto l’inchiesta dei carabinieri del Noe si allarga. All’esame dei pm Alberto Galanti e Simona Maisto ci sono 40 anni di storia della gestione dei rifiuti e i rapporti di Cerroni con i politici delle giunte che si sono succedute in Campidoglio e alla Regione. Sul ruolo dei “palazzi” punterà la memoria annunciata dalla difesa per dimostrare che il re delle discariche «era cercato». Non è escluso che proprio alcuni politici possano essere sentiti nei prossimi giorni.

IL FURTO

Intanto vanno avanti le indagini sul furto del fascicolo dall’armadio del gip Massimo Battistini. Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri non invierà i suoi ispettori: «Vediamo prima di conoscere meglio la vicenda», ha commentato. E’ chiaro che la richiesta di arresto per Cerroni sia stata sottratta da qualcuno interno agli uffici. Il fascicolo per furto aggravato, inviato a Perugia per competenza, è tornato a Roma. Per i magistrati umbri, la parte lesa non è il giudice “derubato”, ma proprio il ministero.

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