Monterotondo, la mamma del bimbo in coma: «Temo il peggio»

Monterotondo, la mamma del bimbo in coma: «Temo il peggio»
di Morena Izzo
3 Minuti di Lettura
Martedì 21 Febbraio 2017, 08:14 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 08:58

Non si è mai allontanata dal lettino del reparto di terapia intensiva pediatrica del Policlinico Gemelli, Rimante Tosi, dove da sabato scorso è ricoverato in prognosi riservata il figlio Chris. Il piccolo di due mesi e mezzo, che il padre, Gianluca Caucci, ha rapito venerdì sera, strappandolo alla madre. Ieri pomeriggio il bambino è stato battezzato, perché la giovane mamma di origine lituana teme il peggio. Il piccolo ha una grave sofferenza cerebrale.

Rimante perché ha accettato di incontrare il suo ex?
«Volevo lasciarlo. Gli ho solo chiesto di trovarsi un lavoro e di riconoscere il bambino e lui mi ha colpita con un pugno in faccia ed è sparito con il mio piccolo per 12 ore. Le più brutte della mia vita. Ha costretto il bimbo a dormire con lui in una baracca in viale Kant, poi se ne è andato al centro commerciale. Perché tanta crudeltà?»
 

 
 

Come sta il suo bambino?
«Sta lottando con la morte. Ha un livido sull'occhio e un ematoma alla testa che non si riassorbe. E' come se gli avesse tirato un pugno. Si riconoscono anche i segni della mano sul volto. Appena svanisce l'effetto dei sedativi, ha le convulsioni. Ora è in coma farmacologico. Abbiamo voluto battezzarlo perché temiamo il peggio».

Cosa è successo venerdì sera?
«Ho incontrato Gianluca in viale Mazzini a Monterotondo. Quando gli ho detto che avevo intenzione di lasciarlo perché così non si poteva più andare avanti, mi ha colpito con un pugno in faccia. Non aveva un lavoro e neanche se lo cercava. Era anche privo di documenti. Non aveva neanche una casa. Io continuo a vivere dai miei, lui invece era ospitato da una casa famiglia. Che futuro potevamo dare a nostro figlio così? Poi mi ha strappato Chris dalle braccia ed è scappato a piedi, lasciandomi a terra sanguinante».

Quali erano i suoi rapporti con il bambino?
«Il padre lo vedeva regolarmente, almeno due o tre volte a settimana. E temo che possa essere stato violento anche con lui, così come lo è stato con me. Chris quel giorno era stato con il nonno, mio papà, fino alle 16,45 e stava benissimo. Non aveva nessun ematoma. Ora lui dice che quei lividi ce li aveva già, ma mente».

Aveva riconosciuto il vostro bambino?
«No, nostro figlio portava il mio cognome perché lui non aveva mai potuto e neanche voluto riconoscerlo. Non aveva i documenti ma ha avuto a disposizione nove mesi per andare all'anagrafe e farli e non lo ha fatto. Non posso definire padre uno che fa del male al proprio figlio. Sono state ore terribili quelle in cui ho atteso che lo ritrovassero. Ero terrorizzata. Speravo che quell'incubo fosse finito quando ho riabbracciato il mio bimbo. Ma quest'incubo non finisce. Non posso pensare di vivere senza il mio Chris».

Accanto alla mamma, in ospedale, ci sono i suoi genitori, che non l'hanno mai lasciata da sola.
«Non posso neanche definirlo padre. Ha picchiato mia figlia dice nonno Dario - può aver fatto la stessa cosa con mio nipote. E' solo un padre biologico. Nulla più di questo». La procura di Tivoli ha aperto un fascicolo e indaga sul caso per capire l'origine di quel grave trauma cranico: una reazione violenta del genitore, percosse o caduta accidentale? Il padre continua a negare di avergli fatto del male.