Pd, Bersani e D'Alema lasciano
Emiliano resta e sfida Renzi

Pd, Bersani e D'Alema lasciano Emiliano resta e sfida Renzi
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Martedì 21 Febbraio 2017, 14:30 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 08:47

Quando è sera, una riunione nell'ufficio di Roberto Speranza dà il via al processo della scissione del Pd. Con Pier Luigi Bersani, tra i 12 e i 15 senatori e una ventina di deputati lasciano il Partito democratico per costruire un nuovo soggetto di centrosinistra. Dicono addio al Pd anche Massimo D'Alema ed Enrico Rossi. E da subito le loro strade si incroceranno con quelle di una pattuglia di ex Sel.

«Non mi sento di iscrivermi al Pd, non mi sento di partecipare a questo congresso». Pier Luigi Bersani risponde così in serata a Di Martedì quando gli viene chiesto se rinnoverà la tessera del Pd.

Si proveranno poi a unire le forze con il Campo progressista di Giuliano Pisapia. Ma intanto giovedì o venerdì nasceranno i gruppi parlamentari. E a marzo si terrà il primo evento politico del nuovo soggetto: un movimento, non un partito, almeno nella prima fase. Perché l'obiettivo è aggregare il centrosinistra e attrarre gli elettori delusi dal Pd di Renzi ma anche da M5s. Il nuovo percorso si apre con uno strappo, quello consumato da Michele Emiliano. Il governatore pugliese aveva unito le forze con Speranza e Rossi per il congresso Pd ad autunno, con loro aveva minacciato la scissione. Ma da domenica sera un lungo tira e molla, una sequela di contatti tesi, sono stati il preludio alla rottura.

E la decisione del governatore di restare nel Pd ha consumato un divorzio amaro, che irrita e amareggia i bersaniani: «Non mi ha neanche telefonato», lamenta Rossi. È la scissione nella scissione, malignano i renziani. «Ha scelto di candidarsi nel PdR», il Partito di Renzi, sibila Speranza. «Meglio perderlo che trovarlo uno ondivago come lui: ora le primarie Pd saranno il festival dell'antipolitica», sussurra un senatore bersaniano. Ma, ammette un suo collega, la rottura del patto con Emiliano indebolisce la partenza del nuovo soggetto e aumenta i dubbi di chi tra i parlamentari è ancora in forse. Sia i bersaniani che Rossi hanno maturato la decisione di lasciare il Pd nell'assemblea di domenica.

Fino all'ultimo si è atteso Emiliano. Ma nella direzione del pomeriggio, assente «il capo» Renzi, «l'estremo tentativo di mediazione di Cuperlo si è scontrato - ironizza Nico Stumpo - con una burocrazia di stampo sovietico». Il congresso Pd sarà fatto «solo per reincoronare Renzi», osserva Enrico Rossi. In serata Speranza annuncia il nuovo soggetto: è il momento di intraprendere «un nuovo cammino verso un soggetto del centrosinistra che miri a correggere le politiche che hanno allontanato dal nostro campo molti lavoratori, giovani e insegnanti». Un annuncio di battaglia sui provvedimenti: il nuovo gruppo garantirà sostegno al governo ma soprattutto al Senato, dove sarà determinante, farà sentire il proprio peso, a partire dai decreti attuativi della scuola.

Non tutti i bersaniani lasceranno il Pd (erano 20 al Senato e 40 alla Camera). A Palazzo Madama si contano ad ora 12 senatori che aderirebbero al nuovo gruppo (Gotor, Fornaro, Migliavacca, Pegorer, Corsini, Casson, Dirindin, Guerra, Gatti, Sonego, Ricchiuti, Manconi) a cui si potrebbero aggiungere altri o tre parlamentari (circolano i nomi di Mucchetti, Tocci e Micheloni). Alla Camera, dove in serata Speranza riunisce una ventina di deputati in uscita dal Pd, lasciano Bersani, Stumpo, Zoggia, Giorgis, Agostini, Leva. Con loro ci sarebbero anche Albini, Cimbro, Mugnato, Murer, Bossa, Fontanelli, Fossati. Inoltre a Montecitorio entrerebbero nel nuovo gruppo gli ex di Sel vicini ad Arturo Scotto: una pattuglia che potrebbe arrivare fino a 16 deputati, di cui fanno parte Bordo, Ferrara, Piras, Quaranta, Melilla, Fava, D'Attorre, Nicchi, Duranti.

Quanto al nome dei gruppi, la discussione sarebbe ancora aperta. Rossi vuole che ci sia la parola «Socialisti», altri caldeggiano «Sinistra» o «Progressisti», ma c'è anche chi preferisce aggettivare il nome con una formula come «Uguaglianza e libertà».




L'annuncio di Emiliano
Nelle ore precedenti Emiliano aveva detto: «L'avrei voluto fare in assemblea ma il rispetto che ho per Rossi e Speranza non me l'ha consentito. Oggi vi ribadisco che mi candiderò alla segreteria del Pd. Questa è casa mia, casa nostra e nessuno può cacciarmi o cacciarci via».  

«Enrico, Roberto ed io abbiamo impedito al segretario di precipitare il Paese verso elezioni anticipate. Con Rossi e Speranza abbiamo condotto una riflessione comune, Enrico e Roberto sono persone perbene, di grande spessore umano che sono state offese e bastonate dal cocciuto rifiuto ad ogni mediazione. Renzi è il più soddisfatto per ogni possibile scissione», ha proseguito.

«Mi candido - ha detto Emiliano - nonostante il tentativo del segretario uscente di vincere il congresso a ogni costo e con ogni mezzo, approfittando di aver gestito tutto il potere economico, politico e mediatico. Ha fretta e non concede il tempo necessario a girare nemmeno la metà delle province. Perché i suoi errori, ove discussi, porterebbero a un suo indebolimento». Lo dice Michele Emiliano annunciando la sua candidatura al congresso, nel corso della direzione Pd. «Nonostante il poco tempo ci proveremo lo stesso perché per noi il congresso non sarà mai una prova muscolare».

«Di fronte a tanta avarizia, c'è stata tanta voglia di andare via come le migliaia di iscritti che se ne sono andati. Noi siamo qui a trasformare il fremito ad andare via nel riprendersi il diritto di cittadinanza dentro il Pd. Rappresentiamo una parte di Italia. In questa battaglia non abbiamo usato il tatticismo ma ci siamo fidati dei singoli militanti. Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso».


Francesco Boccia
«Non abbiamo mai detto che Renzi e la Boschi sono quelli che dicevano che se avessero perso il referendum costituzionale avrebbero lasciato la politica e invece sono ancora qui. E oggi trovo surreale che il problema sarebbe Michele Emiliano che avrebbe moderato i toni? Emiliano avendo a cuore le sorti del Pd, ricevendo centinaia di migliaia di mail e messaggi di militanti, sta provando fino all'ultimo istante a salvare il Pd Con non poca sofferenza sta cercando da giorni di mediare con una persona che non ha mai voluto mediare e che, invece di partecipare all'ultima direzione dice di partire per gli Usa, perdendo un'altra occasione di confronto nel partito». Così Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, a L'Aria che tira, su La7.

Piero Fassino
«Io non mi rassegno. In queste ore i contatti sono intensissimi tra di noi», ha detto Piero Fassino oggi ad Agorà. «Le ragioni per cui andiamo verso una scissione non sono plausibili, non sono comprensibili». «C'è una storia comune, c'è un'idea del Paese e del partito che è comune. Colgo l'occasione per lanciare un appello: la nostra gente non vuole la separazione, non vuole divisione, ma ci chiede unità, e ce la chiede chi ha votato sì al referendum e chi ha votato no. Abbiamo un dovere, abbiamo una responsabilità che non possiamo non onorare al meglio. Di inevitabile c'è solo la morte, tutto il resto è evitabile, dipende da noi che siamo padroni dei nostri destini. Non si deve mai pronunciare la parola scissione, che ti rende prigioniero. Liberiamocene!. Credo che si sia logorato un rapporto di fiducia un pò in tutti. Dobbiamo lavorare per ricostruire il rapporto di fiducia che non ha ragione di venire meno». «Io mi auguro che Emiliano non se ne vada, che Bersani non se ne vada, che Speranza non se ne vada, che neanche Rossi se ne vada».

Roberto Speranza
«Prendiamo atto della scelta assunta da Michele Emiliano di candidarsi nel PdR», il Partito di Renzi. Lo dichiara Roberto Speranza, che guida la minoranza di Sinistra riformista che sta lasciando il Pd. Il governatore pugliese, con Speranza e Rossi aveva combattuto una battaglia unitaria per avere il congresso in autunno, ma oggi ha deciso, a differenza degli altri due, di restare nel Pd.


 

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