I nuovi movimenti/ Quelle affinità tra integralismo religioso e anti-politica

di Sebastiano Maffettone
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Lunedì 27 Febbraio 2017, 00:05
Gli italiani per la loro storia non possono essere sorpresi nel vedere che nel mondo la religione influenza sempre di più la politica. Al tempo stesso, come sappiamo tutti, l’anti-politica avanza a passi da gigante. Naturalmente, l’espressione “anti-politica” è tremendamente vaga. Ma ci possiamo in questa sede accontentare di definirla come quell’atteggiamento che si presenta nell’agone democratico vantando come un merito la mancanza di professionalità politica e collegando quest’ultima alla corruzione dominante. 

In questa rudimentale approssimazione, il partito di Farage nel Regno Unito, Trump negli Stati Uniti, Le Pen in Francia, i 5 Stelle in Italia, e così via sono tutte istanze - ovviamente con le dovute differenze tra di loro - dell’antipolitica. Dal punto di vista della presenza religiosa in politica, invece, la novità degli ultimi decenni è costituita dal ruolo importante assunto dai fondamentalisti. Anche in questo caso è difficile dire con precisione che cosa significhi “fondamentalismo religioso” e possiamo riferire il termine a qualunque gruppo adoperi in prevalenza motivazioni teologiche in politica. 

Ma è certo che gruppi che chiamiamo fondamentalisti hanno avuto peso in decisioni politiche importanti, a cominciare dagli indù e dai sikh in India e dai gruppi radicali cristiani negli Stati Uniti per andare a quelli islamici sciiti e sunniti, passando magari (persino…) per i buddisti a Ceylon.

Fin qui, nihil novi. La cosa strana è che nessuno si sia perso la briga di collegare questi due fenomeni che senza dubbio caratterizzano il nostro tempo.

Credo invece che ci sia un forte rapporto tra fondamentalismo religioso e anti-politica, fino a farli sembrare quasi due facce della stessa medaglia. Ci sono perlomeno due ragioni evidenti a favore della tesi che sostiene la affinità tra i due fenomeni. La prima consiste nella volontà condivisa di rovesciare l’ordine costituito e decostruire le gerarchie. La seconda nel fatto che in entrambi i casi ci si sente parte di un gruppo di persone differenti, non corrotte, pure e più oneste. Proprio per ciò, il nuovo militante –fondamentalista religioso o fautore dell’antipolitica non fa differenza- sentirà forte il desiderio di ripristinare un ordine sociale meno contaminato. 

Costui/ei sarà tendenzialmente giovane, anti-sistema, contro le chiese sia confessionali sia politiche come i partiti, pronto a denunciare la corruzione imperante. In questo ambito, tenderà a esaltare l’onestà, l’estraneità dai giochi di potere e dalle curie, persino l’inesperienza come virtù. L’atteggiamento sarà di conseguenza orientato a una forma di protesta insistente e talvolta radicale, nonché al rifiuto vero o apparente di prendere sul serio le regole del gioco, lo standard abituale, le abitudini del passato.

Accettiamo pure che ci sia qualcosa vero in una tesi del genere. Sotto questa assunzione, è interessante chiedersi come mai assistiamo così spesso ai giorni nostri a fenomeni quali quelli legati al fondamentalismo religioso e all’anti-politica. Una spiegazione plausibile consiste nel deficit di idealità che caratterizza la politica dopo il 1989. Il tramonto del comunismo ha fatto infatti scemare le illusioni di molti che ci credevano ma anche ridimensionato le capacità etico-politica chi vi era contrario. Un deficit del genere ovviamente riguarda direttamente più l’antipolitica che il fondamentalismo religioso. 

Ma bisogna tenere a mente che si sta parlando di religione solo in rapporto con la politica e spesso quello che chiamiamo fondamentalismo religioso non è neppure religioso in senso proprio. Per esempio, i fondamentalisti islamici più che radicalizzare l’Islam islamizzano il radicalismo. Ed è per questo che la carenza di principi etici in politica concerne anche i fondamentalisti religiosi e non solo l’antipolitica. 

In fondo, l’ipotesi di lavoro in questione è semplice: la politica, come la natura, aborre il vuoto. C’è, però, un vuoto di grandi narrative, di principi ideologici e financo di chiarezza concettuale nella politica dei giorni nostri. Proprio per ciò, la politica –come tradizionalmente intesa- recede, e anti-politica e fondamentalismo religioso avanzano. Riempendo lo spazio mentale degli ideali politici perduti. 

Vorrei fosse chiaro che non sto dicendo che Beppe Grillo assomiglia a al Bagdawi, o che Trump è parente di Osama Bin Laden (anche se sarebbe divertente…), e neppure che dobbiamo avere timore pregiudiziale nei confronti dell’antipolitica ed entro certi limiti del fondamentalismo religioso. Sto solo sostenendo che quanto vediamo nelle piazze e nelle urne è la conseguenza tardiva della crisi delle ideologie. Che troppo spesso è diventata anche crisi delle idee. 
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