Fra Turchia e Libia/ Le strategie confuse dell’Europa

di Marco Gervasoni
3 Minuti di Lettura
Lunedì 30 Maggio 2016, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 16:18

È sempre antipatico rimarcare di aver visto giusto ma questo giornale era stato uno dei pochi a diffondere una valutazione del ministero della difesa francese su masse umane pronte a muoversi sulle nostre coste. La Commissione Europea, nella persona di Mogherini, aveva smentito ma, come si vede in questi giorni, i numeri erano ben quelli e si sono evitate nuove ecatombi solo grazie allo splendido lavoro della nostra Marina militare. Non occorrono poi valutazioni di altri governi per prevedere che ai 13.000 migranti di questi giorni se ne aggiungeranno di nuovi nei prossimi, senza una possibile interruzione del flusso, se non tra molti mesi, con l’arrivo dell’inverno.
Funziona, come dimostrano le cifre pubblicate ieri su queste colonne, l’accordo con la Turchia raggiunto in un recente consiglio europeo: in Grecia gli sbarchi si sono ridotti e se la situazione è fuori controllo, ciò va imputato alla fragilità di quello Stato e soprattutto del governo di Atene. Al momento dell’accordo con la Turchia, il presidente del Consiglio Renzi aveva chiesto un secondo passo, a cui era seguito il migration compact del 20 aprile, accolto dalla Commissione europea come un ottimo contributo italiano.
 
Ma quello presieduto da Juncker, ci chiediamo, è un consesso accademico finalizzato a dare pagelle alle proposte o deve decidere ed attuarle? Abbiamo sempre pensato che la Commissione europea debba fare, ma forse ci sbagliavamo, vista l’inazione o, a voler essere generosi, il ritardo con cui essa si muove. Quando esce dall’immobilismo, la Commissione e pure il Parlamento europeo paiono in stato confusionale. Sembra infatti che si voglia stralciare l’accordo con la Turchia, tanto che ieri “Le Monde” ha pubblicato l’appello di un ex ministro degli esteri francese, di un ex premier greco e (cosa interessante) di un ex segretario di Stato Usa, Madeleine Albright, che invita l’Europa a rispettare i patti. E “L’Economist” considera già defunto il patto con Erdogan. Confusione di strategie, dunque, incapacità di seguire una linea, anche quando questa funziona.
In attesa di sviluppi sul fronte greco, resta comunque all’Italia il compito di fronteggiare gli sbarchi. E, oltre ad essere lasciati soli nel gestire il problema, come ha lamentato il ministro dell’interno Alfano, riceviamo continui rimproveri da parte di Bruxelles; l’ultimo, pubblicato ieri da questo giornale, invita il capo della polizia Gabrielli a muoversi nell’identificare gli immigrati. Come se poi, dopo l’identificazione, il problema venisse risolto, un segno inquietante della mentalità burocratica di una Commissione che, salvo smentite, dovrebbe avere una funzione politica. E la prima decisione politica sarebbe quella di trovare un accordo con la Libia. Ovvio, la Libia non esiste: i diversi governi che si reclamano legittimi controllano solo una parte del territorio, ed è certo utilizzino la risorsa migranti come arma politica contro l’avversario. Ma se questo è vero, la Commissione europea, e a questo punto il nostro governo assieme a quelli degli altri Paesi Nato, dovrebbero cercare una soluzione per mettere ordine. Una soluzione che non può escludere a priori quella militare. Ma su questo l’esecutivo italiano sembra prudente.
Intanto gli altri Paesi continuano (legittimamente) a condurre la propria politica estera, che non possiamo pretendere sia in nostro favore. A noi non resta che contare sulla marina militare per evitare stragi, e fidare nello straordinario spirito di apertura del nostro popolo. Fino a quando, però, è difficile sapere.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA