Le stragi/ Da Breivik a Merah, così l’odio nasce da una vita fallimentare

Le stragi/ Da Breivik a Merah, così l’odio nasce da una vita fallimentare
di Alessandro Orsini
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Domenica 24 Luglio 2016, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 00:27
È possibile che le orrende stragi dell’Isis, le cui immagini vengono riproposte continuamente, abbiano influenzato il modo in cui Ali Sonboly ha realizzato la strage di Monaco. Ma il vero problema non è riflettere sul tema dell’emulazione, bensì sul rapporto tra fallimenti esistenziali e processi di distruzione e auto-distruzione. 
In seguito a una serie di traumi radicali, alcuni ragazzi precipitano in una condizione molto dolorosa che, se assume un carattere permanente, può avere due sbocchi. Il primo sbocco, che si riassume nella formula “il male sono io”, procede dall’esterno verso l’interno. 

L’individuo prende atto delle sofferenze che la società gli impone, si attribuisce tutte le colpe, e reagisce con l’autodistruzione, che può assumere molte forme, tra cui il suicidio. La frase dominante è: “Sono un mediocre e la mia vita non vale niente”. Il secondo sbocco, che si riassume nella formula “il male sei tu”, procede dall’interno verso l’esterno. L’individuo attribuisce le colpe della sua sofferenza alla società e trova nelle ideologie radicali la formula sintetica per spiegare il suo dramma complesso. La frase dominante è: “La società è malata e occorre distruggerla”. 
 
IDEOLOGIE AUTOASSOLUTORIE
Le ideologie radicali, spostando l’attenzione dalle caratteristiche dell’individuo a quelle della società, sono fortemente autoassolutorie. Ecco perché piacciono molto a coloro che hanno una grande idea di sé, ma la cui vita è un fallimento totale. Anders Breivik immaginava di essere un eroe messianico, ma era circondato dall’indifferenza di tutti. Abbracciò l’ideologia neo-nazista, che gli fornì il tipo di narrazione che cercava. Per Breivik, tutti i mali erano in un certo tipo di organizzazione sociale, che noi chiamiamo “società aperte”.

Il caso di Mohammed Merah, il giovane jihadista che realizzò la strage contro la scuola ebraica di Tolosa, il 19 marzo 2012, è uno dei più interessanti perché consente di osservare i due “sbocchi” in una stessa vita. Nel giorno di Natale 2008, Mohammed Merah si impiccò in carcere perché, dopo essere stato arrestato molte volte, era giunto alla conclusione che la sua vita non avesse alcun valore. Aveva vent’anni. Tornato in libertà, incontrò l’ideologia jihadista, passando dalla formula “il male sono io”, alla formula “il male sei tu”.

Nei soggetti come Anders Breivik e Mohammed Merah, il dramma esistenziale viene prima e l’ideologia dopo. Questo è il percorso verso la radicalizzazione che seguono coloro che chiamiamo “squilibrati”. Mohammed Merah fu arrestato e rilasciato diciotto volte, prima di essere ucciso dalla polizia, a 23 anni. Altri ragazzi provengono da famiglie agiate, ma non per questo sono al riparo dalle crisi esistenziali. Non sono “squilibrati”, lo diventano. Ecco perché molti dei loro amici e familiari restano sconvolti, quando apprendono la notizia del loro gesto insano: “Era un bravo ragazzo! Com’è potuto accadere?”.

Infine, esistono i ragazzi che, pur essendo colpiti da una crisi esistenziale, uccidono in assenza di una precisa ideologia, come sembra essere il caso di Ali Sonboly, l’autore della strage di Monaco. Ideologia o no, il problema resta sempre lo stesso. Un ragazzo sta male, perché non riesce a trovare il suo posto nel mondo, e vuole smettere di soffrire.

CHE FARE
Che cosa possiamo fare per prevenire il processo di distruzione di questi particolari “lupi solitari”? Sul piano operativo, niente, per tre motivi. Il primo motivo è che, come abbiamo visto, non tutti coloro che hanno una tragica crisi esistenziale trovano la loro via d’uscita nelle ideologie radicali. Il secondo motivo è che nessuno di noi può sapere dove si sta consumando un dramma esistenziale. Il terzo motivo è che le ideologie radicali, e i gruppi che le professano, sono più facilmente reperibili grazie a internet.

Un tempo, bisognava mettersi alla ricerca di un gruppo di estremisti o, magari, era un gruppo di estremisti che andava alla ricerca di adepti. Questo accade ancora oggi, ma, in passato, il processo di radicalizzazione imponeva di lasciare più tracce. Per diventare estremisti, e realizzare una strage, i ragazzi dovevano fare più cose, rendendo più facile il lavoro della polizia. Più cose fai, più tracce lasci, più poliziotti ti trovi dietro. Oggi, internet consente di legarsi a un gruppo di estremisti, senza mai uscire di casa. 

LA MANCANZA DI SIGNIFICATO
Eppure, possiamo fare molto sotto il profilo culturale. Ad esempio, possiamo smettere di credere che le sofferenze dei giovani nascano dalla mancanza di denaro. Questo è il dramma degli adulti che attribuiscono ai giovani i loro stessi pensieri. Il dramma più grande per un ragazzo non è la mancanza di soldi, ma l’essere travolto da una crisi esistenziale, come dimostra il fatto che, anche nelle famiglie più ricche, troviamo ragazzi coinvolti in processi di autodistruzione, provocati dalla mancanza di significato esistenziale. Una società educata ad ascoltare i giovani, come Ali Sonboly, sarebbe affascinante, per la sua novità. 
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