E Varoufakis lancia la sfida al leader: «Alexis, io non avrei ceduto alla Troika»

E Varoufakis lancia la sfida al leader: «Alexis, io non avrei ceduto alla Troika»
di Claudio Marincola
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Martedì 14 Luglio 2015, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 08:33
ROMA - A urne chiuse, quando migliaia di manifestanti erano in piazza Syntagma e i bancomat continuavano a funzionare a singhiozzo sei membri del governo Syriza declinavano il loro destino e probabilmente anche il perimetro dell'eurozona. «Quella notte il governo ha deciso che il “no” dei greci al referendum non era quello che serviva per un approccio energico», A rivelarlo è stato lo stesso ex ministro delle Finanze ellenico Yanis Varoufakis in un'intervista al magazine inglese NewsStatesman in cui ripercorre gli ultimi 5 mesi della sua «battaglia per salvare la Grecia». Per capire quanto vicini si sia arrivati alla Grexit bisogna dunque portare indietro le lancette alla notte del 5 luglio.

LA BOCCIATURA

Quella notte Varoufakis presentò un piano per il dopo-referendum. Fu bocciato con 4 voti contro e due a favore. Qualche ora dopo, la mattina del 6 luglio con un tweet l'ex ministro annunciava le sue dimissioni ufficialmente per «favorire la trattativa con l'Eurogruppo».



Il progetto del ministro-centauro partiva dal presupposto che la Grecia in ogni caso non sarebbe stata cacciata dall'aria euro: sarebbe bastato agitare con più concretezza la possibilità di una Grexit per spuntare un accordo più favorevole per le casse di Atene. Varoufakis avrebbe voluto forzare la mano, insomma. Condurre un braccio di ferro con la Troika. In un'occasione l'ex ministro delle Finanze avrebbe minacciato - lo ha già scritto il Wall Street Journal - di emettere Iou, una sorta di moneta parallela, una promessa scritta di pagamento del debito (I owe you).



LO STRAPPO

Non a caso prima di uscire di scena e passare il testimone al suo successore Euclid Tskalotos Varoufakis aveva arringato la folla usando toni aspri, attaccando i creditori colpevoli di aver fatto naufragare ogni tentativo di intesa. «Porterò adosso con orgoglio il loro disgusto», aveva rivendicato sul blog. Il contenuto dell'intervista rilasciata a NewsStatesman si traduce insomma in un'accusa al premier. Tsipras, secondo l'ex ministro avrebbe usato il “no” al referendum per fare «maggiori concessioni alla controparte» rendendo esplicito che «qualsiasi cosa accadesse e qualsiasi cosa facessero» la risposta non sarebbe stata «una sfida ai creditori» ma che «lui» in ogni caso « non li avrebbe sfidati». É una presa di distanza da Tsipras che rimanda a un futuro ruolo di opposizione In sostanza l'ex professore di Teoria economica all'università di Atene, ex militante del Pasok prima di approdare a Syriza nel 2012, avrebbe proposto agli altri membri del gabinetto una sorta di bluff, «perché alex lo sa, io non avrei ceduto». Minacciare l'uscita dall'euro per ottenere condizioni migliori. I suoi lo hanno fermato prima che il piano spregiudicato prendesse una forma compiuta votandogli contro. Altrimenti chissà come sarebbe finita.



IL DOPO TSIPRAS

Non è la prima volta che l'economista di scuola post-keynesiana si pone come controparte al tavolo dell'eurozona e sceglie la strada dello scontro frontale. Anche per questo dopo aver “vinto” il referendum Varoufakis ha deciso di farsi da parte e mettere in atto tutto quello che invece aveva promesso in caso di sconfitta. Fa parte del suo tratto caratteriale irrompere nelle trattative a gamba tesa contro qualsiasi forma di galateo diplomatico-istituzionale.



Alla base c'è la convinzione che arrivare disarmati, «non minacciare la Grexit» avrebbe «essenzialmente» significato «smettere di negoziare». L'analisi di Varoufakis parte dalla profonda diffidenza nutrita per la Troika che «non ha mai trattato in modo genuino» la Grecia. L'astio per l'Eurogruppo «un'orchestra diretta dal ministro tedesco Schauble» che ha il grande potere di «determinare la vita degli europei e decidere su questioni quasi di vita e di morte» . Da qui la scelta di salire in sella alla sua moto, togliere il disturbo, uscire dal governo Tsipras eletto per rinegoziare un programma di austerity, «che aveva fallito «lasciando negli ultimi cinque anni senza lavoro un terzo dei greci e creando la peggiore depressione in un paese avanzato dal 1930».



SECONDA CHANCE

Partendo da questa premessa all'ex ministro, ormai una star di rango mondiale, non restava che farsi da parte. Sgradito agli altri partners etichettati come «criminali e terroristi» . Sconfessato dagli stessi rappresentanti del suo governo. Ma se l'ennesimo piano di rientro fallirà, se l'uscita della Grecia diventerà un passaggio inesorabile e le speranze di rilancio si dissolveranno il “minister no more” tornerà di moda.