La politica di Berlino/ Solidarietà al tempo di Maastricht

di Osvaldo De Paolini
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Giovedì 1 Settembre 2016, 00:05
Da sempre, nella storia delle relazioni internazionali, hanno particolare rilevanza gli incontri che fanno seguito agli eventi catastrofici. E in quei drammatici frangenti lo sforzo profuso dalla diplomazia dei Paesi colpiti misurava il suo successo nel numero delle nazioni che a quegli incontri partecipavano per promuovere i soccorsi.

La tragedia del terremoto ischitano, che nel 1883 polverizzò Casamicciola provocando 2.313 vittime tra le quali i genitori di Benedetto Croce, ingenerò per esempio una corsa alla solidarietà internazionale senza pari, con comitati d’ogni sorta, privati e statali, che videro in prima fila il Vaticano e l’America. Perciò stupisce, e per certi veri intristisce, apprendere che l’incontro di ieri a Maranello tra Angela Merkel e Matteo Renzi si è aperto all’insegna di una sorta di solidarietà possibile secondo Maastricht.

«Prenderemo tutto ciò che serve per ricostruire tutto: questo andremo a dire all’Europa», aveva assicurato Renzi dopo i funerali di Ascoli, con ciò intendendo che la ricostruzione delle comunità colpite dal sisma sarebbe avvenuta senza limite alcuno, secondo necessità.

 
Ricorrendo perciò a risorse fuori dai parametri previsti dal Patto di Stabilità o comunque attraverso nuova flessibilità. E che cosa ha risposto la cancelliera? «Troveremo una soluzione sensata - ha detto - utilizzando tutte le regole che l’Europa propone».

Dunque, nel pensiero della Merkel ogni investimento destinato a ricostruire e prevenire nell’Italia a rischio-sisma dovrà avvenire non secondo necessità ma secondo contabilità. Perciò se Bruxelles concederà sforamenti ulteriori, questi dovranno avvenire nei limiti fissati dalla burocrazia, in funzione del “parametro” e non del bisogno effettivo. Probabilmente i due premier prima di presentarsi alla conferenza stampa nella quale hanno annunciato di voler collaborare, avranno ricordato di Ventotene le bellezze naturali; e chissà se hanno anche evocato quel Manifesto scritto di pugno dai padri fondatori, laddove dice che l’Europa Unita ha quale primo scopo di rispondere ai bisogni dei suoi cittadini. Di tutti i suoi cittadini, signora Merkel, non soltanto di una parte di essi.

Ma non c’è da strapparsi le vesti: sappiamo bene quanto in politica, soprattutto in politica estera, la strategia di comunicazione oggi sia anzitutto finalizzata alla ricerca del consenso, più che alla diffusione di verità. E con le elezioni alle porte e il grave problema dell’immigrazione ancora irrisolto, sarebbe ingenuo attendersi dalla cancelliera tedesca una concessione appena meno generica. Ormai lo hanno capito anche i sassi: i tedeschi, che per loro storia (e loro colpe) non si fidano più di nessuno, al loro governo chiedono perciò intransigenza verso chiunque appaia più debole, nel timore di dover condividere un giorno gli effetti di tale debolezza. La Merkel quindi deve stare al gioco, e per il suo elettorato stare al gioco vuol dire marciare dritti verso il proprio particolare, senza guardare in faccia nessuno. Vuol dire non rispettare le regole sul bilancio commerciale, mentre si chiede agli altri di farlo. Vuol dire scaricare sui confinanti i problemi del proprio sistema bancario. Vuol dire sedersi sull’Europa anziché farne parte. Vuol dire affermare solo gli interessi del popolo tedesco. Vuol dire sottrarre anziché condividere sovranità: l’esatto opposto di ciò di cui ha bisogno oggi l’Italia, e in particolare Renzi.

In primo luogo per una ragione di principio: mancare la solenne promessa fatta dinanzi alle vittime di Amatrice per una rapida messa in sicurezza dei territori devastati senza risparmio di risorse, si tramuterebbe fatalmente in un boomerang per il premier, che aggiungerebbe instabilità a instabilità aprendo davanti al Paese orizzonti carichi di incognite. Con tutto ciò che seguirebbe sul fronte dei mercati, dove la speculazione è sempre pronta a scatenare nuove tempeste finanziarie.

Per questo è essenziale che il progetto Casa Italia - che sia quindicennale o ventennale non fa differenza - veda la luce al più presto e che trovi a Bruxelles menti aperte e disponibili. E soprattutto che la timida apertura della cancelliera Merkel fatta ieri in pubblico si traduca in una potente moral suasion sulla Commissione esercitata in privato. Anche nell’interesse della Germania. 
Si è detto che a Ventotene spirava un vento nuovo, di rifondazione dell’Europa in uno spirito di collaborazione che non si vedeva da tempo, capace di ridurre al minimo gli effetti della Brexit. Ebbene, il tema della flessibilità aggiuntiva per la messa in sicurezza dell’Italia è il primo banco di prova per capire se il vento è davvero cambiato.
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