Segreti di Stato spiati, spunta il poliziotto talpa: «Possiamo spiare anche i pm»

Segreti di Stato spiati, spunta il poliziotto talpa: «Possiamo spiare anche i pm»
di Valentina Errante e Sara Menafra
4 Minuti di Lettura
Giovedì 12 Gennaio 2017, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 19:16

ROMA Del titolare del fascicolo che lo riguarda e ora l'ha portato in carcere voleva sapere tutto: quali libri avesse scritto, quali ambizioni, se ci fosse in ballo un concorso per farlo promuovere e portarlo lontano dall'inchiesta. «Così arriva uno che non ne capisce nulla», dice in una intercettazione agli atti dell'inchiesta. Giulio Occhionero, l'ingegnere informatico coccolato dagli ambienti dell'alta finanza americana e ora accusato insieme alla sorella Francesca Maria di aver spiato per cinque anni account di posta e computer di personalità della politica, dell'economia e dei ranghi militari, dopo le perquisizioni di ottobre, si era rivolto ad un poliziotto sospeso dal servizio per chiedere informazioni sul pm Eugenio Albamonte. Soprattutto, cercava di capire come potesse facilitare il suo trasferimento. L'agente Maurizio Mazzella, ora indagato per favoreggiamento, gli aveva dato una mano per costruire il dossier. Fino alla scorsa estate in servizio alla Polizia stradale di Salerno, anche lui massone, ad agosto aveva avuto dei problemi per dei certificati medici giudicati falsi e si era offerto di aiutare Occhionero. Quando gli investigatori si sono accorti che è proprio del titolare del fascicolo che i due parlano al telefono, hanno deciso di blindare ulteriormente l'inchiesta e infatti solo ora, ad arresti eseguiti, partiranno le indagini patrimoniali per capire chi siano i clienti o i soci dell'esperto informatico, oltre a quelli, in buona parte americani, che appaiono nei bilanci della Westland securities.
 

 


IL VERTICE CON GLI USA
Più di tutto, però, sugli accertamenti delle prossime ore peserà l'incontro previsto per questa mattina tra il pm di piazzale Clodio e il magistrato di collegamento americano a Roma. I due concorderanno i dettagli e i tempi dell'arrivo in Italia dei file messi sotto sequestro dalla Fbi nel corso del sequestro concordato dello scorso 4 ottobre. E solo a quel punto si potrà effettivamente capire l'effettiva portata delle informazioni raccolte da Occhionero. Non tutti i 18.327 obiettivi sono effettivamente stati raggiunti dal malware Eye Pyramid che l'informatico avrebbe sviluppati. Gli obiettivi effettivamente raggiunti sono di certo 1.793 e nell'elenco, stando agli atti raccolti finora - ma la vera prova del nove arriverà appunto solo con i file americani - non dovrebbero esserci né i due ex presidenti del consiglio Matteo Renzi e Mario Monti, né il presidente della Bce Mario Draghi. Per tutti e tre, come per tutti gli altri attacchi non andati a buon fine, il rischio concreto è piuttosto che i malware siano rimasti all'interno delle caselle di posta elettronica, magari tra le mail indesiderate, pronti, almeno tecnicamente, ad essere attivati in qualsiasi momento.

GLI INTERROGATORI
Di quei malware ieri, Giulio Occhionero ha detto di non sapere nulla e di non poter consegnare le password dei server Usa su cui depositava informazioni: «Chi mi dice che non li abbiate messi voi nel mio computer?» ha detto al gip Maria Paola Tomaselli e al pm, nel corso dell'interrogatorio di garanzia. Accusato di reati informatici (accesso abusivo, interruzione e intercettazione) che, scrive il gip, potrebbero arrivare a danneggiare lo stato, Occhionero contrattacca. Assistito dall'avvocato Stefano Perretta spiega che non ha niente da rimproverarsi. Anzi, dice agli inquirenti: «Siete stati voi a compiere un reato accedendo ad un server americano». La sorella, affiancata dall'avvocato Roberto Bottacchiari, dice invece che degli affari del fratello sapeva poco come poco sa di informatica: «Ha lavorato nell'azienda del fratello fino al 2013, poi si è messa a cercare lavoro - spiega il suo legale Non ha nessuna ricchezza da parte né è inserita negli ambienti dell'alta finanza».

LE COMMESSE
Al magistrato ha spiegato che il fratello aveva organizzato i computer della Westland in modo che lei non potesse neppure accedere ai file più delicati. Le informazioni riservate su appalti e commissioni che la loro società riceveva da parte di aziende americane erano protetti da password e criptate. Giulio neppure a lei avrebbe confidato le parole d'ordine. Se in quei computer ci sono casi di spionaggio industriale da parte di aziende statunitensi si capirà solo dai file ora sotto la custodia dell'Fbi. Mentre ieri Ubaldo Livolsi ha tenuto a smentire «di avere mai avuto direttamente rapporti o legami di alcun genere, né professionali, tantomeno personali, con l'ingegner Giulio Occhionero. Questa persona - ha aggiunto - mi è stata presentata a metà degli anni 2000. Non l'ho mai più incontrata».