Berlusconi, quelle trattative con Gorbaciov e Eltsin per far sbarcare Canale 5 a Mosca. E gli fu segnalato un giovane Putin

Silvio vide subito le potenzialità della Russia. E i suoi emissari segnalavano il nome di un giovane funzionario: Putin

Berlusconi, quelle trattative con Gorbaciov e Eltsin per far sbarcare Canale 5 a Mosca
di Mario Ajello
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Giovedì 25 Gennaio 2024, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 11:20

Pezzi giornalistici e documentari con canzoni di Al Bano, Celentano, Toto Cutugno, così i russi potevano assaporare insieme a notizie non censurate la musica della libertà di cui loro, anche clandestinamente, andavano pazzi. Un ufficio, da inizio 1987, a Mosca con una redazione vera e propria. Una società italo-sovietica, formata da Rti (l’insieme delle tivvù berlusconiane) e Novosti, l’agenzia informativa ufficiale insieme alla Tass del regime comunista, come nucleo di partenza di un progettone. Quello che Silvio Berlusconi stava realizzando per i cittadini della morente Unione Sovietica vogliosi di consumi, di pubblicità, di Occidente, di futuro e disillusi verso la sgangherata gabbia del Pcus: portare ai russi Canale 5. O meglio, PiatiCanal (questa la traduzione in cirillico di Canale5).

C’era ancora Gorbaciov e poi con Eltsin (a ogni sorsata di vodka di Silvio corrispondevano una trentina di brindisi dell’amico Boris) l’operazione politico-televisiva del Cav al di là degli Urali continuerà.

Finora non è mai stata raccontata. Ma adesso così la riassume Roberto Gasparotti, figura cruciale dell’epopea di Silvio e anche autore del video della discesa in campo nel ‘94: «Berlusconi aveva capito, prima e meglio di tanti altri, le immense potenzialità dell’ingresso nel mercato russo. Era un anti-comunista che con i comunisti sapeva parlare benissimo ed aveva ottimi rapporti con i capi dell’Urss. Nell’87, io e il giornalista Gigi Moncalvo venimmo mandati in pianta semi-stabile a Mosca. Facevamo servizi anche in Afghanistan, in Uzbekhistan, in Kazakistan, a Cernobyl, in Cambogia, e i nostri filmati oltre che nelle emittenti di Cologno Monzese venivano trasmessi nella tivvù di Stato in tutto l’impero pan-sovietico e li vedevano centinaia di milioni di persone. A volte, venivamo scortati dall’Armata Rossa». 

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Una task force berlusconian-moscovita. Due anni più tardi, nell’89, un’altra task force arrivò in Russia proprio mentre crollava il muro, e si piazzò a Leningrado-San Pietroburgo, dove si faceva strada – ed era citato nei report che i suoi manager mandavano al Cavaliere in via Rovani a Milano – un dirigente tosto e ambizioso, scuola Kgb, chiamato Vladimir Putin. Questo secondo gruppo era guidato da due enfant prodige della televisione commerciale: Dario Rivolta, manager Pubblitalia, poi parlamentare berlusconiano e super liberale-radicale, e Emmanuel Gout, uomo chiave di Fininvest, presidente di Tele+ e poi responsabile del progetto Warner Studios a Cinecittà. Racconta Gout, Cavaliere al merito della Repubblica francese ma vive in Italia, candidato a sindaco nel paese di Casperia, in Sabina: «Abbiamo lavorato in Russia, ma anche in Cecoslovacchia e in Polonia, per due anni, ed eravamo in continuo contatto con Berlusconi che con Eltsin, con cui anche io parlavo, condivideva questa strategia: diversificare il sistema dei media». Ma perché PlatiCanal non è fatta? «Credo perché nei primi anni ‘90 cominciarono i giudici a mettere gli occhi su Berlusconi e lui preferì concentrarsi sull’Italia». E, poco dopo, sulla nascita di Forza Italia.

L’ANTI-COMUNISTA

Di nuovo Gasparotti: «I nostri servizi giornalistici erano di fatto delle co-produzioni Berlusconi-Gorbaciov. PiatiCanal non andò purtroppo a buon fine ma fu essenziale per creare un rapporto di amicizia tra Berlusconi e Gorbaciov, che successivamente andò ospite ad Arcore». Lo sbarco del Cavaliere nell’impero sovietico rientra dunque in quella visionarietà di chi sta sempre un passo più avanti. Spiega Gout: «Berlusconi era un anticomunista vivace e feroce. L’idea di aiutare i russi a uscire definitivamente dal comunismo e dalla miseria lo affascinava enormemente. C’era l’aspetto imprenditoriale ma anche una motivazione politica. I suoi rapporti con Putin non cominciarono allora, ma io gli parlavo di quell’importante dirigente di San Pietroburgo e responsabile dei rapporti internazionali del Comune». E ancora: «Berlusconi con grande intuito voleva anzitempo posizionarsi come colui che intendeva fare dell’Italia una protagonista della ricostruzione post-comunista in tutto l’est». 

PlatiCanal, nella sua ottica, era lo strumento giusto per favorire l’ingresso in Russia con Gorbaciov e dopo Gorbaciov (fece grande impressione a Silvio la folla che ammirava sull’Arbat la mega pubblicità luminosa di Benetton e andava a caccia dei maglioni del marchio veneto) della piccola, media e grande industria italiana, per fare pubblicità, per creare bisogni tramite gli spot e per cercare di soddisfarli ridando il sorriso a intere popolazioni a cui era stato troppo a lungo negato. Di fatto, con LaCinq in Francia a Berlusconi non andò bene: Mitterrand lo appoggiava, ma Chirac no e poi no. Con TeleCinco, in Spagna, l’operazione è riuscita. E peccato per PiatiCanal, ma il Cavaliere aveva capito tutto.

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