Il regista Massimiliano Bruno: «Una risata può sempre salvarci»

Il regista Massimiliano Bruno: «Una risata può sempre salvarci»
di Gloria Satta
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Giovedì 23 Febbraio 2017, 00:37 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 10:54

Essere moderni o all’antica, iperconnessi oppure orgogliosamente lontani dal web, innamorati dei classici o ”drogati” dai social: a questo dilemma molto attuale è dedicata la nuova commedia di Massimiliano Bruno "Beata ignoranza", appena uscita in sala e interpretata dagli scoppiettanti Marco Giallini e Alessandro Gassmann. I due attori, nel ruolo di prof di liceo, sono agli antipodi per abitudini, ideali e uso del web. E si troveranno costretti a scambiarsi le personalità. Con effetti esilaranti.
 

 

Bruno, 46, romano, regista, sceneggiatore e attore non solo nel cinema e in teatro, è venuto in redazione per parlarci del film, quinto titolo della sua esperienza dietro la cinepresa dopo Nessuno mi può giudicare, Viva l’Italia, Confusi e felici, Gli ultimi saranno ultimi. Ma lo abbiamo interrogato anche sulla sua carriera di maestro della commedia, un genere che in Italia non conosce crisi.

Com’è nata l’idea del film?
«Dal desiderio di capire se siamo migliori quando navighiamo in rete o quando stacchiamo la connessione per metterci in relazione con gli altri o addirittura con noi stessi».

Lei a quale categoria appartiene? Agli iper-connessi o a quelli che riescono a fare a meno della rete?
«Sono connesso in permanenza, come tutti, ma non vorrei esserlo. Ho un’idiosincrasia marcata per l’uso eccessivo di Internet».

È possibile, secondo lei, disintossicarsi dal web?
«Non è facile, tanto che l’uso compulsivo di internet è stato incluso tra le dipendenze. Per molte persone asociali o insicure rappresenta la rivincita su una vita povera di relazioni e gratificazioni».

Perché ha scelto la coppia Giallini-Gassmann?
«Perché i due attori sono molto diversi ma ugualmente generosi. Gassmann è più regolare, viene dal teatro, prende appunti sul testo. Giallini trova la sua forza nell’immediatezza per dare una grande verità ai suoi personaggi. Appaiono complementari, sono diventati amici e insieme sullo schermo fanno scintille».

Qual è il segreto per realizzare una commedia di successo?
«Si scopre solo dopo l’uscita in sala. Un blockbuster e un autentico gioiello come Perfetti sconosciuti prima di essere fatto ha dovuto scontrarsi con il rifiuto di molti produttori. Credo che il segreto sia rimanere ancorati alla nostra peculiarità di italiani che riusciamo a ridere di tutto, sdrammatizzando anche le situazioni più tragiche».

Lei con quali modelli si è formato?
«Ho guardato con avidità i film di Monicelli, Risi, Scola, Petri... quel grande cinema mi è rimasto dentro e anche in Beata ignoranza gli ho dedicato alcune citazioni».
I suoi film cult?

«C’eravamo tanto amati, La grande guerra, il musical Hair».

Perché gli autori contemporanei di commedie non riescono ad essere cinici, addirittura feroci come i maestri di ieri?
«È cambiato il contesto storico e culturale. Quaranta, cinquant’anni fa lo scontro ideologico era forte, il Muro di Berlino esisteva ancora e il mondo scontava la Guerra Fredda tra Usa e Urss. La società era attraversata da un clima aggressivo che spingeva anche il cinema ad essere più graffiante. Oggi la tv e la politica hanno anestetizzato la creatività degli autori ma anche il gusto del pubblico».

Non c’è rimedio al buonismo?
«Qualche tentativo lo vedo. Perfetti sconosciuti, per esempio, o Jeeg Robot contengono una buona dose di amarezza. Anche nel mio film Viva l’Italia questo sentimento traspariva. Ma attenzione: spesso la cattiveria viene indebitamente scambiata per qualità. Per quanto mi riguarda, preferisco dare al pubblico un messaggio positivo: non tutto fa schifo, possiamo farcela».

Cosa sta preparando?
«Una commedia fantasy.
La sto scrivendo con Guaglianone e Menotti, gli sceneggiatori di Lo chiamavano Jeeg Robot. Sarà molto divertente. E sta per cominciare Short Lab, la mia rassegna teatrale per la quale abbiamo selezionato 27 corti, cioè spettacoli non più lunghi di 20 minuti, e 32 monologhi di giovani artisti provenienti tutta Italia. Io produrrò lo spettacolo del vincitore».

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