L’Europa assente/Juncker si svegli e venga a vedere: è anche casa sua

L’Europa assente/Juncker si svegli e venga a vedere: è anche casa sua
di Mario Ajello
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Mercoledì 2 Novembre 2016, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 00:49
Perché l’Europa non accorre in Italia come fosse stata bombardata di nuovo Sarajevo? Perché non invia subito i suoi monuments men, non convoca un vertice straordinario sul sisma e una conferenza mondiale di archi-star (o di archi-non-star) per la ricostruzione di quello che non è solo un paesaggio italiano ma il cuore dell’identità d’Europa?

Mentre l’Inghilterra della Brexit celebra sul Guardian quel “patrimonio distrutto in Umbria e nelle Marche che appartiene all’intera umanità”, non è partito alla volta delle zone terremotate nessun aereo targato Ue, con a bordo il presidente Juncker insieme al numero uno del consiglio europeo Tusk e ai vari ministri compreso il super-rigorista finlandese Katainen. Sarebbero potuti arrivare precipitosamente in mezzo alla polvere delle macerie e fermarsi davanti alla statua di San Benedetto il patrono d’Europa, ancora miracolosamente in piedi nell’aiuola di Norcia con le sue braccia alzate verso la rocca incombente e accanto la scritta: “Fermati o rupe”. Ma questa scena, che non avrebbe avuto nulla di retorico, nessuno l’ha vista. Forse perché, parafrasando il titolo di un celebre film, Dio c’è ma non vive a Bruxelles.

I PARAMETRI
Non possono bastare di fronte al sisma il linguaggio algido dell’ordinaria amministrazione contabile (vi aiuteremo se lo chiedete, ma il Piano Casa del governo deve rientrare nell’ambito dei parametri stabiliti) e la doverosa manifestazione di pietas e di solidarietà. Come nel caso della tragedia dei migranti, anche in questo del terremoto l’Europa sembra voler perdere l’occasione di fare un passo avanti, di ricostruirsi - e pensare che il motto benedettino sembra fatto apposta per l’attuale momento Ue: “Succisa, virescit”, tagliata, ricresce - e insomma di essere percepita dalle sue genti, mentre l’anti-europeismo impazza, come qualcosa di familiare e di vicino. Una Europa madre e non matrigna, come viene eccessivamente definita.

Ma lo sanno a Bruxelles, dove in questi anni Giacomo Leopardi è stato più volte celebrato nei palazzi comunitari, che egli nello “Zibaldone” fu il primo ad usare l’espressione europeismo? Dovrebbe bastare questo per spingere le autorità bruxellesi guaggiù, nella ex “profondissima quiete” del colle di Recanati, spaccato in due dal sisma: proprio quello dell’“Infinito”. Il cui manoscritto, fatto fuggire dalla biblioteca di Visso in mezzo alle scosse, non è stato messo in salvo in un museo dei grandi circuiti internazionali ma a Bologna, perché l’Italia sa fare da sé. E nel caso del santo di Norcia ha fatto molto anche per gli altri. Racconta infatti Benedetto Ippolito, docente di filosofia medievale a Roma Tre e all’Università Pontificia: «Il sesto secolo fu una fase di grande disordine politico in Europa, dopo la crisi dell’impero romano. In questo contesto, operarono Benedetto e i benedettini e avrebbero avuto una funzione importante per fare rinascere l’Europa a nuova vita». 

La stessa Europa che adesso, nella sua sostanziale indifferenza, sembra non cogliere l’opportunità di ripartenza che le viene offerta dalla tragedia del Centro-Italia. Forse, per capovolgere la sua estraneità in prossimità e per smuoverla dall’insistenza sui decimali che sono importanti ma non sono tutto, sarebbe servita in questi frangenti la spinta di Albert Camus, uno dei più profondi spiriti comunitari. Il quale, nel “Calendario della libertà”, riedito di recente da Castelvecchi, diceva che «un razionalismo cartesiano, ma Cartesio non c’entra, e un individualismo eccessivo portano l’Europa a non voler conoscere le sofferenze e dunque a vegetare. Ma nessuna società ha vegetato a lungo».

L’Europa che scende a Norcia, a Camerino, ad Amatrice, a Ussita, a Castelluccio, potrebbe scoprire tra l’altro sindaci e amministratori locali seri, coraggiosi, vicini alle loro genti e che rappresentano un volto dell’Italia politica non sempre molto visibile da lontano, anche a causa di pregiudizi talvolta non campati in aria. E questo impegno concreto della Ue potrebbe servire ad esempio ad avviare, insieme al governo italiano, piani di ripopolamento per tutti quei paesini che senza i loro abitanti diventano gusci ornamentali, posti magari di nuovo belli ma senza vita nel mondo occidentale. 

IL PARAGONE
E allora non si tratta di volere elemosina o pietà. Ma di confermare il fatto che questo pezzo di Europa ferita appartiene anche a chi rappresenta l’Europa. Il continente a trazione tedesca dovrebbe sapere che Wolfgang Goethe fu incantato vedendo l’Umbria. E qui “l’arte architettonica degli antichi è veramente diventata una seconda natura, che opera conforme agli usi e agli scopi civili”. Goethe era arrivato in Umbria nel 1786, venendo da Firenze, e proprio questa città suggerisce un paragone.

La Firenze dell’alluvione del 1966, di cui ora cade il cinquantenario, diventò a livello europeo e mondiale un simbolo della civiltà da salvare. Si capisce la forza evocativa della capitale del Rinascimento, ma lo stesso effetto non si sta ripetendo oggi con i borghi, le contrade, le chiesette, le torri crollate o barcollanti di un altro prezzo pregiatissimo della Penisola. Quello appunto che fu di San Benedetto giustamente definito, dal settimanale Vita, “emblema dei costruttori buoni dell’Europa che non c’è più”. 

La Ue non vuole sostenere davvero la ricostruzione. Ma il campanile di Amatrice che non crolla, dopo essere rimasto in piedi nonostante la scossa del 24 agosto e dopo aver perduto la sua parte superiore durante le botte di questi giorni, sta lì a dimostrare che il coraggio paga. Se potesse, questo corpo mutilato getterebbe le stampelle addosso al nemico, nel caso di un altro sisma, come fece Enrico Toti contro gli austriaci nel 1916, gridando: “Nun moro io!” C’era la guerra allora nel vecchio continente, e ora no. Ma in questa fase l’Europa, come dimostra la sua lontananza dalle zone che soffrono, corre il rischio di essere fuori luogo o addirittura un non luogo.
 
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