Vaticano, scandalo case: un buco di 700mila euro

Vaticano, scandalo case: un buco di 700mila euro
di Franca Giansoldati
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Venerdì 29 Aprile 2016, 01:07 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 01:40
CITTÀ DEL VATICANO Un patrimonio immobiliare vastissimo, composto da quasi trecento fabbricati di valore, appartamenti, palazzine, negozi, garage. Un patrimonio di qualità, accumulatosi lentamente nei secoli, grazie ai lasciti di generosi benefattori, convinti di aiutare i poveri e la Chiesa. Peccato che invece - all'insaputa di Papa Francesco - la gestione di questa considerevole eredità risulti trasandata, approssimativa e pasticciata al punto da risultare in passivo di 700 mila euro. C'è di più. Su quasi trecento appartamenti, tantissimi dei quali in vie centralissime, una ottantina sono di fatto non utilizzati da anima viva, quasi abbandonati, non a reddito. In pratica sfitti. Degli appartamenti occupati, invece, una buona percentuale è costituita da inquilini morosi che non pagano un centesimo da anni. In pratica, tolte tutte le tasse del caso, dall'Imu all'Ires (per un totale di oltre 800 mila euro) il tesoretto immobiliare della Basilica di San Pietro non solo non frutta nulla al Vaticano, ma non viene nemmeno messo a disposizione di chi ne ha bisogno. Così, mentre Papa Bergoglio incoraggia energicamente le parrocchie e gli ordini religiosi a fare di più per dare una mano ai profughi e ai senza tetto, mettendo a disposizione qualche appartamento vuoto, esiste una fetta del patrimonio d'Oltretevere che continua a sfuggire ad ogni tipo di controllo. 

APSA
Attorno a questa brutta storia si registra il più stretto riserbo, una omertà pressochè totale, probabilmente per non fare arrivare nulla all'orecchio del pontefice. Chissà. Come se il vecchio modo di gestire le cose, più propenso a favorire le consorterie familiari che non ad adottare criteri trasparenti e oggettivi, faticasse a sgretolandosi e lasciare spazio ad una gestione maggiormente condivisa e trasparente. Ma chi gestisce il patrimonio di San Pietro? Dalle carte risulta che per statuto spetti dall'Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, un organismo che funziona un po' come banca centrale, anche se un chirografo di Giovanni Paolo II risalente alla fine degli anni Novanta, fornisce alle quattro basiliche patriarcali (Santa Maria Maggiore, San Giovanni, San Paolo e San Pietro) la facoltà di visionare ogni singolo atto straordinario riguardante il proprio asset (enorme per ognuna di queste realtà). Questo per impedire il verificarsi di situazioni disarmoniche o discrezionali. Recentemente l'ingombrante caso della basilica di San Pietro, con il suo incredibile risultato gestionale negativo, è stato all'origine di una dura presa di posizione da parte del cardinale Comastri e dell'ultranovantenne canonico camerlengo di San Pietro. Entrambi si sono chiesti come mai fosse possibile un andamento tanto insoddisfacente. Nessuno lo vuole dire apertamente, ma all'origine di questo malcontento resta il sospetto di una conduzione quanto meno «opaca».
 
IL CARDINALE PELL
Il dossier di San Pietro è destinato a finire sul tavolo del cardinale Pell e del super dicastero dell'economia. In ogni caso la vicenda fa il paio con quella della basilica di Santa Maria Maggiore. Due anni fa il Papa fu costretto a mandare degli ispettori proprio per limitare i danni. Allora i problemi li aveva dati un economo polacco condannato dai tribunali vaticani in via definitiva (anche se non è mai andato in carcere) monsignor Bronislav Morawiec. Il sacerdote sottrasse 230 mila euro alle casse di Santa Maria Maggiore a seguito di una serie di operazioni immobiliari spericolate. Nel 2009 acquistò un edificio in via dell'Olmata, non lontano dalla basilica, inventando un'intermediazione fittizia per incassare il compenso extra di 210 mila euro. Ai magistrati disse che l'investimento era stato condotto a buon fine grazie alla consulenza della «Integrate Trade Consulting», una società fittizia con sede a Zurigo. Le riforme intanto vanno avanti nonostante i problemi. Il Papa è deciso a portare a termine il mandato che affidatogli dai suoi elettori: trasparenza, pulizia, buon uso delle risorse, controlli. 

 
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