Mano tesa di Bruxelles: «Paesi Ue pronti a dire sì allo Stato palestinese»

Il capo della diplomazia europea Borrell: «La decisione entro la fine di maggio». Sparna e Iralnda guidano la cordata

Mano tesa di Bruxelles: «Paesi Ue pronti a dire sì allo Stato palestinese»
di Gabriele Rosana
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Martedì 30 Aprile 2024, 07:25 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 18:02

Entro maggio diversi Paesi europei potrebbero riconoscere lo Stato di Palestina. Lo ha detto, senza troppi giri di parole, il capo della diplomazia Ue Josep Borrell, a margine di una riunione speciale del World Economic Forum in corso a Riad, riferendo un pensiero che corre ormai da mesi tra Bruxelles e le capitali nazionali. La mossa di alcune cancellerie europee, capitanate da Spagna e Irlanda, era nell’aria, ma dopo le allusioni a un’iniziativa da intraprendere «quando i tempi saranno maturi», adesso c’è anche un’indicazione chiara del calendario, più ravvicinato delle attese. La presa di posizione non coinvolgerà direttamente l’Ue (e infatti Borrell si è ben guardato dal prendere impegni a nome dell’Unione), visto che secondo il diritto internazionale la decisione di riconoscere uno Stato non compete che ad altri Stati (la Spagna, ad esempio, è tra i pochissimi nell’Ue a non riconoscere il Kosovo). L’Europa non potrà certo ignorare la fuga in avanti di alcuni suoi membri. L’Italia non si unisce al fronte di coloro che premono per un riconoscimento subito ma, come ricordato dal ministero degli Esteri Tajani un mese fa a Bruxelles, sostiene «la soluzione dei due Stati: deve nascere uno Stato palestinese democratico con governo guidato dall’Anp, non da Hamas, che è un’organizzazione terroristica».

L’INPUT DELLA SPAGNA

A mettere fretta ai partner Ue per una deliberazione dall’alto valore politico era stato, nelle scorse settimane, il premier spagnolo Pedro Sánchez, socialista, dando il via a una sorta di tour europeo alla ricerca di sostegno che l’ha portato non solo in Irlanda, ma pure in Polonia, Slovenia, Belgio e, fuori dall’Ue, Norvegia. Negli stessi giorni Madrid ha intensificato il dialogo con i leader di Giordania, Egitto, Qatar e Arabia Saudita per preparare il terreno tra i governi del mondo arabo a una «soluzione diplomatica che – è la ricostruzione spagnola – può offrire un orizzonte di pace, sicurezza e prosperità in tutta la regione». La maggioranza di Sánchez è fragile, e la stessa opposizione popolare, pur appoggiando l’iniziativa, ne contesta le tempistiche. L’eventuale riconoscimento, però, non ha bisogno di un passaggio parlamentare, essendo prerogativa esclusiva del governo.

GLI ALLEATI

Il principale sodale Ue in questa crociata bipartisan è l’Irlanda, storica paladina dei diritti palestinesi in Europa: Sánchez è stato il primo leader straniero a essere ricevuto a Dublino dal neopremier irlandese Simon Harris, esponente del centrodestra, subito dopo il suo insediamento.

Una visita irrituale, per il capo del governo di un Paese lontano, ma spiegata proprio dalla vicinanza tra Spagna e Irlanda sulla Palestina. Allora, il ministero degli Esteri israeliano aveva stigmatizzato l’intervento e «il possibile futuro riconoscimento della Palestina» come «un altro premio al terrorismo» di Hamas. Due mesi fa, Madrid e Dublino avevano scritto alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen invitandola a un «riesame urgente» (rimasto sinora lettera morta) dell’accordo di associazione tra Ue e Israele, per valutare il rispetto degli obblighi in materia di diritti umani alla luce dell’offensiva militare a Gaza. Il Belgio ha fatto un mezzo passo indietro, per prudenza istituzionale (fino a fine giugno ha la presidenza di turno del Consiglio Ue), ma anche perché tra meno di 40 giorni andrà alle urne. Oltre alla Slovenia, a dar man forte nel mosaico di alleanze Ue c’è Malta, che già riconosce la Palestina dal 1988: da membro non permanente, l’isola ha presieduto, nel mese di aprile, il Consiglio di sicurezza dell’Onu, quando aveva messo al voto l’ingresso a pieno titolo della Palestina nelle Nazioni Unite; proposta finita su un binario morto per il veto posto Usa, nonostante 12 sì e due astensioni. Un episodio che avrebbe motivato Sánchez a rilanciare la campagna. Dei 193 Stati Onu sono in 140 a riconoscere oggi la Palestina come Stato nazione (ultima in ordine di tempo è la Giamaica). Ma si tratta di un tema che già 25 anni fa, nel 1999, veniva evocatodal Consiglio europeo, pronto a «riconoscere uno Stato palestinese a tempo debito». In sette, tra gli attuali Paesi Ue, avevano già riconosciuto la statualità palestinese ben prima del loro ingresso nell’Ue (oltre a Malta, pure Cipro, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Bulgaria), mentre la Svezia lo aveva fatto nel 2014, da membro Ue. Adesso, per qualcuno tra i rimanenti 19, potrebbe essere questione di settimane.

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