Claudio Santamaria:
«Io, il corruttore di medici»

Claudio Santamaria: «Io, il corruttore di medici»
di Gloria Satta
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Mercoledì 23 Aprile 2014, 13:08 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 12:39
Nel film di Antonio Morabito Il venditore di medicine, nelle sale il 30 aprile, Claudio Santamaria un informatore farmaceutico che corrompe i medici. Ossessionato dallo spettro del licenziamento, mentre qualcuno tra i colleghi si suicida, in un crescendo febbrile arriverà a compiere azioni impensabili. Interpretato anche da Isabella Ferrari, Evita Ciri e Marco Travaglio, prodotto da Amedeo Pagani, Il venditore di medicine resuscita il cinema-denuncia di antica memoria e, alla luce dei recenti scandali farmaceutici, risulta di estrema attualità. La lavorazione, racconta il regista, è stata osteggiata in tutti i modi.

Santamaria, 40 anni a luglio, una carriera internazionale, ne parla con entusiasmo.



Cosa l’ha spinta a interpretare il film?



«Le certezza che fosse buono, importante e si riallacciasse alla gloriosa tradizione del cinema d’impegno civile. Il film accende il dubbio nello spettatore e lo mette in guardia contro il sistema farmaceutico corrotto».



Come si è documentato?



«Ho letto dei libri-inchiesta e ho parlato con alcuni ex informatori: mi hanno raccontato cosa, nel nome del profitto ad ogni costo, sono stati costretti a fare. Durante la lavorazione ne sono stati arrestati una sessantina. Non abbiamo inventato niente».



Degli attori della sua generazione, lei è uno dei pochi che sfuggono alle commedie...



«Non me ne offrono molte ma direi di sì se il copione mi convincesse. Oggi, più che mai, scelgo di interpretare i film che andrei a vedere».



Com’è stato lavorare con Olmi in “Torneranno i prati”, il film sulla Grande Guerra?



«L’esperienza più intensa della mia carriera. Olmi è uno sciamano e sa arrivare dritto al cuore. Distrugge l’attore per trovare l’essere umano. Da tutti noi ha attinto le emozioni più intime».



Esiste il nuovo cinema italiano?



«Sì, è quello che da una decina d’anni ha risvegliato l’interesse del pubblico. Ma la crisi paralizza il mercato e condiziona i contenuti. E manca la volontà politica di sostenere il cinema, cioè la nostra identità culturale».



Si sente un esponente del nuovo star system?



«E’ innegabile che ne faccia parte e con i colleghi condivido il piacere di fidelizzare il pubblico. Ma l’attore “tira” a teatro. Al cinema richiama la storia».



Ha girato due film in Francia e “Casino Royale”. Che ricordo ha?



«Il set di un kolossal su 007 è una macchina da guerra in cui è impossibile sbagliare».



Anche lei passerà alla regia?



«Un giorno. Ho già scritto la storia...Truffaut diceva che il regista deve rispondere alle domande di tutti. Ora io non ho tempo».
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