Santamaria, 40 anni a luglio, una carriera internazionale, ne parla con entusiasmo.
Cosa l’ha spinta a interpretare il film?
«Le certezza che fosse buono, importante e si riallacciasse alla gloriosa tradizione del cinema d’impegno civile. Il film accende il dubbio nello spettatore e lo mette in guardia contro il sistema farmaceutico corrotto».
Come si è documentato?
«Ho letto dei libri-inchiesta e ho parlato con alcuni ex informatori: mi hanno raccontato cosa, nel nome del profitto ad ogni costo, sono stati costretti a fare. Durante la lavorazione ne sono stati arrestati una sessantina. Non abbiamo inventato niente».
Degli attori della sua generazione, lei è uno dei pochi che sfuggono alle commedie...
«Non me ne offrono molte ma direi di sì se il copione mi convincesse. Oggi, più che mai, scelgo di interpretare i film che andrei a vedere».
Com’è stato lavorare con Olmi in “Torneranno i prati”, il film sulla Grande Guerra?
«L’esperienza più intensa della mia carriera. Olmi è uno sciamano e sa arrivare dritto al cuore. Distrugge l’attore per trovare l’essere umano. Da tutti noi ha attinto le emozioni più intime».
Esiste il nuovo cinema italiano?
«Sì, è quello che da una decina d’anni ha risvegliato l’interesse del pubblico. Ma la crisi paralizza il mercato e condiziona i contenuti. E manca la volontà politica di sostenere il cinema, cioè la nostra identità culturale».
Si sente un esponente del nuovo star system?
«E’ innegabile che ne faccia parte e con i colleghi condivido il piacere di fidelizzare il pubblico. Ma l’attore “tira” a teatro. Al cinema richiama la storia».
Ha girato due film in Francia e “Casino Royale”. Che ricordo ha?
«Il set di un kolossal su 007 è una macchina da guerra in cui è impossibile sbagliare».
Anche lei passerà alla regia?
«Un giorno. Ho già scritto la storia...Truffaut diceva che il regista deve rispondere alle domande di tutti. Ora io non ho tempo».
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