Furto con esplosione nel palazzo, un testimone: «Un boato e mi sono ritrovato tra le macerie»

Furto con esplosione nel palazzo, un testimone: «Un boato e mi sono ritrovato tra le macerie»
di Laura Bogliolo
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Lunedì 28 Luglio 2014, 07:17 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 09:13

Sprofondati nel vuoto, quasi mangiati dalle macerie, mentre la polvere dei muri frantumati riempie i polmoni fino a spazzare via anche l’ultimo respiro.

«Sono precipitato per oltre due metri nel magazzino del bar, mi sono ritrovato completamente immerso in una nuvola di polvere bianca che non mi faceva respirare, provavo a muovermi, ma sopra di me sentivo il peso delle macerie, sentivo le grida di mia figlia e allora ho trovato la forza di alzarmi e di provare a cercarla». Le mani che ancora tremano, una benda sul braccio destro, gli occhi che bruciano perché quella maledetta polvere lo ha quasi accecato. Nicola Cataldi, 58 anni, insieme alla figlia Yiulya Casciuba, 22 anni, ucraina, e al genero, Alessandro, parla di «miracolo», perché nonostante il solaio del suo appartamento al primo piano sia stato inghiottito dall’esplosione del bar poco dopo le 3 di sabato notte, loro, sono ancora tutti vivi.

«SCAVAVO A MANI NUDE»

Nicola e Alessandro sono stati dimessi ieri mattina dall’ospedale Vannini, Yiulya è ricoverata nel reparto di terapia subintensiva dell’ospedale San Giovanni: «È cosciente - dicono i medici - ma non ricorda nulla, non è intubata e ha riportato traumi da impatto al collo, alla testa e su altre parti del corpo».

Quel corpo completamente ricoperto dal sangue che è rimasto minuti interminabili sotto metri di macerie prima che Nicola e Alessandro riuscissero a estrarla. «Abbiamo scavato con le mani, Alessandro e io siamo riusciti a uscire da soli dalle macerie e abbiamo seguito i lamenti di Yiulya, la sua voce debole».

«SENZA RESPIRO»

La mamma di Yiulya è in Ucraina. «L’ho subito avvertita - racconta Nicola, impiegato statale - prenderà il primo aereo per Roma». Il racconto di Nicola è quello di un sopravvissuto: «Ricordo due boati, poi il volo con tutto il letto verso il vuoto, il buio, il respiro che manca per la polvere dei calcinacci, il caldo, le fiamme e la disperazione più assoluta». Nicola ha perso tutto, indossa una vecchia maglia della Roma che qualcuno gli ha prestato: «Non ho più niente, la polizia mi ha detto che posso provare a prendere qualcosa dalle macerie, ma ormai è andato tutto distrutto».

«LA MADONNINA»

Parlano di boati, fiamme e di un urto simile a un terremoto le altre famiglie che abitavano nella palazzina di cinque piani sulla Tuscolana, una sorta di comprensorio chiamato Villa delle Rose. «Mi sono affacciata dalle finestre e ho visto fiamme e fumo - racconta Maria, una mamma - ho cercato di aprire la porta ma non ce la facevo, c’erano macerie ovunque, con mia figlia e mio marito siamo rimasti imprigionati fino a quando i Vigili del fuoco non ci hanno salvati». Il cortile interno accoglie cumuli di macerie, pezzi di casa, pezzi di vita e la foto di una bimba. «Mia figlia - si dispera un’altra mamma - resterà traumatizzata per tutta la vita». «Avevo da poco ristrutturato l’appartamento al secondo piano» dice piangendo una ragazza. Nicola scuote la testa, piange, non prova neanche a cercare qualche oggetto. Fa un sorriso solo quando si accorge che la Madonnina ritratta in un affresco nel cortile c’è ancora su quell’unico pezzo di muro non caduto: «È un miracolo, ci ha protetti Lei».

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