L'ad Eni Descalzi: Non lasceremo Gela. Anzi, investiremo 2,1 miliardi

L'ad Eni Descalzi: Non lasceremo Gela. Anzi, investiremo 2,1 miliardi
di Michele Di Branco
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Domenica 20 Luglio 2014, 18:35 - Ultimo aggiornamento: 18:36
ROMA - Gela non chiuder. E l’azienda non licenzier nessuno.

La promessa dell’Eni ai lavoratori in agitazione, che da due settimane presidiano le vie di accesso agli impianti della raffineria siciliana, arriva dal Mozambico. A parlare, ieri, è stato l’amministratore delegato del cane a sei zampe Claudio Descalzi, in missione africana con il premier Matteo Renzi. «Non abbiamo intenzione di andarcene nè vogliamo toccare l'occupazione», ha chiarito il manager spiegando che Eni punta ad investire 2,1 miliardi in diversi progetti «tra i quali la trasformazione in raffineria verde per riconvertire il personale». Una conferma, quest’ultima, rispetto alle parole espresse qualche ora prima da Salvatore Sardo. Il chief corporate operation officer dell’azienda aveva infatti accennato ad un progetto di ampio respiro che prevede, tra l’altro, la creazione di un centro mondiale di formazione manageriale sulle tematiche di salute, sicurezza e ambiente. Insomma, Eni giura di voler cambiare i piani industriali senza però abbandonare Gela al proprio destino. «Non abbiamo intenzione di accedere agli ammortizzatori sociali nè di chiedere contributi al governo», ha annunciato Descalzi confermando però che la raffinazione non fa più parte delle strategie aziendali. «Dal 2009 – ha ricordato il manager – in questo reparto abbiamo investito 2,9 miliardi ma in Italia abbiamo avuto perdite per 5,9 miliardi: bisogna trovare un'altra strada e sono fiducioso che si troverà una soluzione positiva per Gela, la Sicilia e l'Eni».



Le parole dei vertici aziendali non hanno però raffreddato gli animi dei sindacati. Che invece hanno incassato con stizza le strategie dell’Eni sul Mozambico. È stato infatti annunciato un investimento (confermato anche da Renzi) di 50 miliardi di dollari in sei anni nel Paese dell'Africa Sub-Sahariana.



SINDACATI PERPLESSI

Un impegno finanziario che serve a sfruttare quella che Eni giudica la più importante scoperta di gas della sua storia: 2,4 miliardi di metri cubi che consentirebbero di soddisfare il bisogno degli italiani per 30 anni. «A Gela c'è rabbia – ha sintetizzato Emilio Miceli della Cgil interpretando un sentimento diffuso – perchè i lavoratori ritengono che il disimpegno sia stato già avviato da anni: il Sud conta meno del terzo mondo e infatti l'Eni a Gela vuole chiudere la raffineria mentre va ad investire 50 miliardi in Mozambico». «Eni non è più credibile – ha incalzato Sergio Gigli, segretario nazionale della Femca-Cisl – perché si è rimangiata un accordo firmato appena un anno fa, cancellando investimenti per 700 milioni di euro e 3.500 posti di lavoro tra diretto e indotto». Secondo Maurizio Castania, segretario territoriale della Uilcer di Caltanissetta, «non bastano un impiantino e un centro di formazione per garantire la salvaguardia di 3500 posti di lavoro». Al premier Renzi si è rivolto anche il Pd di Gela. «La gravità del momento – si legge in una lettera indirizzata al numero uno di Palazzo Chigi – impone di intervenire in fretta per arginare una situazione vicina al collasso». Intanto i sindacati hanno confermato, oltre ai blocchi, lo sciopero del 28 luglio a Gela (nella città agrigentina sarà presente anche il segretario della Cgil, Susanna Camusso ) e la manifestazione del giorno successivo a Roma.
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