Gratta e vinci, l'incredibile storia della nonna che ruba il biglietto vincente alla nipotina

Gratta e vinci, l'incredibile storia della nonna che ruba il biglietto vincente alla nipotina
di Gaetano Cappelli
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Sabato 29 Marzo 2014, 10:24 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 00:51
Be’, una nonna che deruba la nipotina una storia assai singolare; eppure proprio questo che accaduto. Dunque siamo in un centro commerciale, il Carrefour di via Vigentina a Pavia, insieme a un assai comune terzetto. C’è la suddetta nonna, ottantenne, la di lei nipote Isabella e Nicolas, il suo innamorato. Hanno fatto spese e, al momento di pagare, i due teneri virgulti, ancora minorenni, hanno l’idea di tentare la fortuna con un “gratta e vinci”.

Sono sempre i due ragazzi a comprare il biglietto e a scoprire di aver vinto l’incredibile cifra di mezzo milione di euro! Dai, è chiaro che fanno salti di gioia… anche se a saltar troppo si corre il rischio di cadere male. Come in questo caso. La perfida nonnastra insinua infatti che tutta quella grana spetti a lei: sarebbero stati suoi i soldi per l’acquisto del fortunatissimo biglietto. Diversamente da quello che dicono i poveri fidanzatini: la cifra veniva dalla paghetta di Nicolas. Da questa disputa nasce così una lunga vicenda giudiziaria che, dopo ben cinque anni, si è chiusa solo in questi giorni con la condanna della vecchiarda di Pavia, ormai ottantaquattrenne, a ben dieci mesi di reclusione per appropriazione indebita di “gratta e vinci”.



Giustizia al fin è fatta! Anche se c’è tristemente da chiedersi: ma che mondo è mai questo dove una nonna giunta, per giunta, alla fine dei suoi giorni deruba una povera innocente nipotina? Dove mai s’è sentito? Chi mai l’ha visto? Inutile andare indietro con la memoria ad altre nonne dotate di cotanta avidità e perfidia. La nonna del corsaro nero forse? Dovrei riguardarne qualche puntata ma è impossibile visto che quella felice serie di cui ci deliziammo fanciulli, nei tinelli luminosi degli anni Sessanta, quando storie come queste neanche le immaginavamo, è stata nefastamente cancellata dagli archivi Rai; anche se, a memoria, la nonnetta in questione, pur essendo a capo d’una ciurma di feroci masnadieri, alla fine, conservava la tenerezza propria di una qualunque altra nonnetta.

La nonna di cappuccetto rosso, allora? Certo mi riferisco non a quella dell’infanzia ma alle sue versioni porno-satiriche in cui, subito dopo gli anni innocenti dell’infanzia, ci imbattemmo nella più tempestosa adolescenza. Ma anche qui non ci siamo perché, pure nel ritratto immorale che se ne faceva, la nonnetta rimaneva sempre prodiga d’amore - fin troppo prodiga, in effetti. Ma allora ci dirà qualcosa in merito Dickens? Ecco, forse solo nell’universo di quel sadico raccontatore di vite di poveri fanciulli infelici potremmo trovarla, una figura simile. Mannò, anche lì, per quanti sforzi faccia, niente, non mi viene in mente niente. Eppure questa strana storia di nonne turpi, nipoti innocenti, vincite milionarie qualcosa me la ricorda. Ma certo, ci sono! Il Lionel Asbo di Martin Amis. Di quel formidabile romanzo, da poco uscito e già annoverabile tra i classici, l’autore ha detto che è una metafora del mondo d’oggi, «un concentrato di frivolezze, volgarità e spaventose sperequazioni economiche».



Anche lì, la vittima della commedia, in un ingranaggio in realtà assai più complicato, è proprio un ragazzo, il diligentissimo Desmond, nipote però di una nonna di… di trentanove anni appena! Ed ecco, il nuovo particolare sprofondarci in un ulteriore dilemma. Eggià, perché adesso non possiamo non chiederci: ma cosa può mai aver spinto la nonna di Pavia, questa donna ormai alla fine dei suoi giorni, a tentare in tutti i modi di appropriarsi di una somma non sua, e fino al punto di rischiare la galera? Più che l’avidità, io direi il narcisismo, spinto a quel suo estremo che chiameremo “egolatria”; che è poi la malattia imperante del nostro tempo. La stessa, a pensarci, di cui soffrono i tanti che, nei campi più vari, pur avendo esaurito la loro carica creativa non lasciano il benché minimo spazio ai giovani. Ecchisà che, prima o poi, non ce li ritroveremo anche loro condannati per appropriazione indebita del “gratta e vinci” più importante, quello che segna il destino delle nuove generazioni.
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