Le torri fotoelettriche hanno illuminato per tutta la notte il piazzale della centrale di Bargi. Con quattro operai ancora sepolti chissà dove nel cuore dell’impianto, tra quaranta e sessanta metri di profondità, solo cause di forza maggiore possono fermare le ricerche. Non la determinazione dei soccorritori di restituire i corpi alle loro famiglie.
A tre giorni dall’incendio, forse innescato dallo scoppio di un alternatore collegato a una turbina, immaginare di estrarre qualcuno vivo «sarebbe un miracolo», ammettono i vigili del fuoco. «Continuiamo a lavorare, ma le speranze di trovare vivi i dispersi ormai sono pari a zero».
Strage di Suviana, condizioni ostili
Ieri sera attorno alle otto i sommozzatori hanno indossato tuta e bombole e sono tornati a immergersi nell’acqua che, dopo la deflagrazione, ha invaso i piani meno nove e meno dieci, salendo progressivamente al meno otto. È qui che lunedì attorno alle 15, durante il collaudo del secondo gruppo di generazione, si è verificata la deflagrazione.
Gli ingegneri dovevano valutare la stabilità della struttura, mentre la gigantesca condotta che dalla montagna pompa acqua nei due sensi rappresentava un pericolo: «Contiene migliaia di metri cubi d’acqua e senza il preventivo svuotamento l’ipotetica rottura di una valvola rappresentava un rischio inaccettabile», spiegava Cari. Ora si ricomincia, con gli interventi senza sosta dei sommozzatori, i droni acquatici in esplorazione, le idrovore che svuotano i vani sotterranei. Si tratta di ambienti vasti, circa mille metri quadrati, in condizioni definite ostili: «Sono pieni di macerie, parti di lamiera e pezzi di cemento armato. Immergersi nel buio, a tentoni, con visibilità nulla rende tutto oltremodo complicato. Stiamo combattendo contro questa situazione. Non abbiamo tempi certi, sono operazioni lente e difficili», sottolinea Cari.
L’INCHIESTA
Davanti alla centrale la protezione civile ha allestito un punto di raccolta per le famiglie delle tre vittime e dei quattro dispersi. Vengono qui a riprendersi gli effetti personali lasciati negli armadietti, un carro attrezzi se ne va con l’auto di un operaio che non c’è più. Sulle sponde del bacino di Suviana l’angoscia è un velo pesante, la tragedia è una ferita per l’intera comunità: molte famiglie hanno un padre o un figlio che lavora alla centrale, la maggior parte dei dipendenti abita in zona. «Questo non e il momento delle accuse, ma delle lacrime e del dolore. Del lavoro per curare i feriti e cercare di recuperare vivo, se possibile, qualcun altro dei dispersi. Ma presto vogliamo sapere cosa sia successo, perché tutto ciò e intollerabile», afferma il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, arrivato ieri a Suviana.
Da cosa è dipesa l’esplosione nella centrale idroelettrica? È questa la domanda principale a cui dovrà rispondere l’inchiesta dei carabinieri, coordinati dal procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato e dal pm Flavio Lazzarini. Il fascicolo è stato aperto con le ipotesi di accusa di disastro colposo e omicidio colposo, imminenti sono le iscrizioni tecniche nel registro degli indagati necessarie anche per svolgere gli accertamenti irripetibili. Da un anno nell’impianto erano in corso interventi di manutenzione straordinaria: bisognerà ricostruire con esattezza di che tipo, i ruoli delle ditte in appalto e degli operai specializzati impiegati nella centrale.
GLI ACCERTAMENTI
«Per fare questi lavori di aggiornamento tecnologico di fornitura, montaggio e collaudo, avevamo scelto tra le migliori ditte, le migliori società nel campo dell’elettrico e dell’idroelettrico: Siemens energy srl, Abb, Voith», ha sottolineato l’ad di Enel Green Power, Salvatore Bernabei. E i subappalti? «Questa domanda va rivolta ai contractor, che a loro volta possono rivolgersi ad altri esperti, perché questi lavori possono essere fatti solo da specialisti», replica. Alla tragedia di Suviana i sindacati hanno risposto con una mobilitazione. Uno striscione con la scritta «Adesso basta!» ha aperto corteo di Cgil e Uil a Bologna, che si è messo in marcia stamane nel giorno dello sciopero generale nazionale per la sicurezza sul lavoro. In Emilia-Romagna l’astensione è stata raddoppiata nella durata, a otto ore, dopo il disastro della centrale.