Ancora una proroga. L’ennesima per lo smart working “in deroga” per i lavoratori fragili. Il dossier è da giorni sul tavolo del governo. Il titolare è il ministro del lavoro Marina Calderone. L’intenzione sarebbe quella di “appoggiare” uno degli emendamenti in discussione in Parlamento. Ce ne sono sia al Senato, al decreto lavoro del primo maggio, sia alla Camera, al decreto sugli enti pubblici. Norme gemelle che allungano fino alla fine dell’anno il lavoro agile per chi soffre di determinate patologie. Altri emendamenti, come quelli della Lega, limitano la proroga al 30 settembre. Una misura che altrimenti andrebbe a scadenza il 30 giugno e che riguarda sia i lavoratori del settore pubblico che del settore privato. In bilico, invece, c’è la seconda gamba del lavoro agile “emergenziale”, quella che consente anche ai genitori con figli di età inferiore ai 14 anni di chiedere e ottenere lo smart working dalla propria azienda.
L’ostacolo da superare per la proroga del lavoro agile per i fragili è quello dei costi.
La norma valida sempre fino a fine giugno, come già detto, riguarda, oltre che i fragili (che sono circa 800 mila) anche i lavoratori che al momento si trovano con uno o più figli a carico, e che dunque a semplice richiesta possono ottenere di lavorare da remoto. Ma a patto che i figli da accudire abbiano un’età inferiore ai 14 anni. Il beneficio però è valido solamente per i dipendenti del settore privato. E solo se anche l’altro genitore risulti occupato. Sono esclusi invece i lavoratori del settore pubblico. L’ultimo contratto degli statali ha infatti regolato lo smart working, dando una precedenza alle famiglie con figli piccoli. Nessuna differenza c’è invece tra pubblico e privato per quanto riguarda i lavoratori fragili. In entrambi in casi vale la regola dello smart working obbligatorio. Ma chi sono i fragili? Sono quei soggetti affetti da gravi patologie croniche con scarso compenso clinico, definite da un decreto del Ministero della Salute dello scorso 4 febbraio 2022.
I PASSAGGI
Negli ultimi anni, dallo scoppio della pandemia in poi, questa categoria è stata più volte segnalata come beneficiaria di particolari misure o indennità, in considerazione delle maggiori complicazioni di salute in cui si potrebbe incorrere se colpiti dal Covid. Per far riferimento alla lista di patologie che fanno rientrare un lavoratore tra i “fragili” si deve insomma guardare a quanto stabilito dal decreto del 4 febbraio 2022. Nel testo figurano i pazienti con «marcata compromissione della risposta immunitaria». Si tratta di chi si è sottoposto ad esempio a «trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva» e di chi, entro due anni dal trapianto di organo o dalla terapia immunosoppressiva, ha subito un trapianto di «cellule staminali ematopoietiche».
A questi si aggiungono i pazienti che sono in attesa di un trapianto d’organo; chi ha una patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi o che è a meno di sei mesi dalla sospensione delle cure; chi soffre di immunodeficienze primitive; chi soffre di immunodeficienze secondarie a trattamento farmacologico; chi risulta avere dialisi e insufficienza renale cronica grave o una pregressa splenectomia; chi è malato con sindrome da immunodeficienza acquisita. Vengono considerati lavoratori fragili (oltre agli over 60 pluripatologici) anche quelli che soffrono di tre o più patologie tra cardiopatia ischemica, fibrillazione arteriale, scompenso cardiaco, ictus, diabete mellito, bronco-pneumopatia ostruttiva cronica, epatite cronica e obesità.