Rigopiano e soccorsi, i giudici: «L'ex prefetto Provolo ha sbagliato»

I giudici di appello: «Scelta ingiustificata non aprire i centri di coordinamento»

Le macerie del resort
di Marcello Ianni
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Martedì 7 Maggio 2024, 07:56

«La necessaria attivazione da parte del prefetto di Pescara in presenza di eventi del tipo di quelli preannunciati sin dal 15 gennaio veniva ribadita in maniera inequivocabile dalla deliberazione di Giunta regionale numero 793 del 2013, la quale prevede espressamente nelle ipotesi sia il rischio valanghe sia quello di eventi meteorologici avversi la competenza e diretta responsabilità della prefettura per l’emanazione dello stato di preallarme - allarme - emergenza su scala provinciale e regionale, oltre la responsabilità dell’istituzione del Centro coordinamento soccorsi e del Centro operativo misto». Così in un passaggio il presidente della Corte d’Appello dell’Aquila, Aldo Manfredi e il collega, il giudice estensore, Domenico Canosa, sui motivi della sentenza di secondo grado in relazione alla tragedia dell’hotel a Rigopiano, costata la vita a 29 persone.

IL FALDONE

Ben 600 pagine divisi in diversi capitoli, uno dei quali è dedicato all’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, assolto in primo grado, ma condannato in Appello alla pena di 1 anno ed 8 mesi di reclusione per falso ed omissione in atti d’ufficio. «Quantomeno a partire dalle 9 o 10 del giorno 16 gennaio 2017 – si legge nella voluminosa sentenza - avrebbe dovuto essere istituito da parte del prefetto Provolo un Centro coordinamento soccorsi (Ccs) che si componeva di 14 funzionari operante presso la Sala operativa permanente (Sop) già individuata nel 1993 e ubicata nella prefettura (la quale avrebbe dovuto essere aperte) caratterizzata dalla già attivazione dello strumentario, parimenti previsto e necessario per il suo funzionamento». «Al contrario Provolo – evidenziano i due giudici - per come dallo stesso ammesso, diede incarico al capo di gabinetto Bianco di convocare il Ccs per il momento solo con la funzione di viabilità e conseguente al Comitato operativo per la viabilità (Cov) Cov», laddove con riferimento alla Sop, «di aver appreso dopo (senza specificare quando) che la sala operativa non era stata aperta il 16 gennaio; lo sarà alle 13 del 18 gennaio 2017.

L’attivazione del Ccs non venivano disposti, ma solo dopo l’avvertimento di due scosse di terremoto quando il prefetto invitava gli operatori a scendere presso la sala di protezione civile dove opera il Ccs per continuare a seguire l’evolversi della situazione affrontando le emergenze in atto e quelle emerse nella presente riunione».

LE COLPE

Di qui, il giudizio di fondatezza dell’Appello dei pm (Andrea Papalia e Anna Benigni) che ha censurato la decisione assolutoria in riferimento alle note inviate dallo stesso Provolo in cui si dava per attivata la sala operativa. «La scelta adottata da Provolo nella mattina del 16 gennaio e fino alle scosse telluriche del 18 gennaio – si legge nella sentenza d’Appello - si appalesa sostanzialmente ingiustificabile, non sorretta da un minimo di ragionevolezza ricavabile dal contesto e dai protocolli vigenti con la possibilità di concludere che essa abbia sostanzialmente trasmodato in arbitrio». Aderendo alle risultanze degli stessi periti, il presidente Manfredi e il collega Canosa hanno evidenziato come «l’attivazione del Ccs con le sue funzioni e della adiacente Sop nei luoghi individuati sin dal 2003, doveva essere un fatto pressoché automatico alla luce dell’univoca disciplina di settore e di quanto previsto dalla stessa prefettura di Pescara da tempo, con conseguente configurabilità di una omissione tale da integrare gli estremi del diniego di adempimento privo alcuna logica giustificazione in base alle disposizioni disciplinanti il correlativo dovere di azione».

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