I nuovi diari letterari sono social, 10 scrittori da seguire su Twitter

I nuovi diari letterari sono social, 10 scrittori da seguire su Twitter
di Luca Ricci
3 Minuti di Lettura
Venerdì 27 Marzo 2015, 16:49 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 10:48
Tra i vari generi della literary non-fiction la mia predilezione va senz’altro al diario intimo, cioè a quelle pagine che gli scrittori vergano in privato ben consapevoli che un giorno saranno rese pubbliche.

Tra i diari letterari ci sono veri e propri capolavori, spesso in grado di minacciare e di fare ombra anche alle opere maggiori dei cosiddetti diaristi. Che dire della bêtise racchiusa nelle pagine de “Il mio cuore messo a nudo” di Charles Baudelaire? O delle continue insicurezze che avvolgono il gesto creativo descritte perfettamente nei “Diari” di Virginia Woolf? O della sterminata sofferenza cristallizzata nei “Quaderni” di E.M. Cioran?



Di questi scritti ibridi, in cui il personaggio principale è proprio chi scrive, è uscito di recente un piccolo gioiello di Julio Ramón Ribeyro intitolato “Scritti Apolidi” (laNuovafrontiera, pag. 131, 15,00 €), un distillato dei pensieri dello scrittore peruviano che, talvolta, riescono perfino a raggrumarsi in piccolo raccontini spietati e perfetti: “L’uomo delle pulizie parla da solo, saluta ossequiosamente tutti, è un demente mansueto. Era un redattore che, preso da un raptus erotico, molti anni fa ha cercato di violentare una segretaria in ascensore. Non lo hanno licenziato, ma una volta uscito dalla casa di cura lo hanno degradato al ruolo di spazzino”.



Questo tipo di scrittura privata/pubblica, che un tempo aveva bisogno di anni per emergere, adesso sta gemmando spontaneamente in rete, e i lettori possono osservare il quotidiano di molti scrittori attraverso i social network. E’ vero, la scrittura in questo caso nasce già adulterata, cioè immediatamente condivisa con altri anche quando è privata, o intima. Tuttavia, checché ne dica Jonathan Franzen (secondo lui Internet è stupido, oltre che dannoso), ci sono scrittori che usano i social esattamente come un personal essay, pieno di chicche riguardo alle proprie simpatie e antipatie letterarie, gioie e disperazioni creative, convinzioni poetiche.



Prendiamo Twitter. Ci sono diversi scrittori italiani che non lo usano solo come mera vetrina promozionale. Se non siete già a conoscenza dei loro profili, correrei subito a gustarmi l’indolenza di Andrea Pomella (@andreapomella); il pragmatismo di Marco Archetti (@marcoarchetti); il sarcasmo di Fabrizio Elefante (@fabelef); l’acume di Nadia Terranova (@nadiaterranova); la generosità di Giusi Marchetta (@AltaInfedelta); la sofisticatezza di Marco Rossari (@marco_rossari); la brillantezza di Cristiano de Majo (@cristianodemajo); la cattiveria di Teresa Ciabatti (@teresaciabatti); l’eclettismo di Vanni Santoni (@vannisantoni); il rigore di Silvia Ballestra (@silviaballestra).



Per questi scrittori Twitter non è solo marketing, o forse meglio di altri hanno capito che per spingere i lettori verso i libri bisogna prima dare qualcosa di se stessi (e il più onestamente possibile). Comunque sia, in futuro per alcuni di loro scaricare l’archivio dei propri cinguettii potrebbe significare avere un memoir pronto (e in fondo i vecchi diari, pur sprovvisti di un pubblico immediato, si avvalevano degli stessi autoinganni, cercavano stelle immaginarie). Con buona pace di quelli secondo cui usare Twitter comporterebbe automaticamente essere un po’ meno autorevoli, un po’ meno scrittori. In fondo la pulsione che spinge a scrivere in rete è la stessa alla base della creazione de “Le fantasticherie del passeggiatore solitario” di Jean-Jacques Rousseau o “Il mestiere di vivere” di Cesare Pavese.



(Twitter: @LuRicci74)