"Non sono un assassino", quando l'omicidio diventa il peggior incubo per un poliziotto

"Non sono un assassino", quando l'omicidio diventa il peggior incubo per un poliziotto
di Riccardo Tagliapietra
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Sabato 28 Marzo 2015, 15:14 - Ultimo aggiornamento: 16:13
La verità è un sistema relativo. Dipende da dove la si guarda. La paura, quella si è reale. E non c'è antidoto. Lo sa bene il commissario Francesco Prencipe che un mattino piovoso perde un caro amico, compagno di mille battaglie: il giudice Mastropaolo giace nello studio della sua villetta, la fronte bucata da un proiettile. E' qui che comincia tutto.









Dopo un drammatico interrogatorio, il funzionario di polizia viene catapultato dove nessun poliziotto vorrebbe mai finire, sul banco degli imputati di un tribunale, accusato di un crimine infamante per chi indossa una divisa. L’unico modo che Prencipe ha per non finire i suoi anni in galera è di imbarcarsi in una battaglia giudiziaria per dimostrare la propria innocenza. Ed è qui che la verità assume molteplici volti, intrecciando spesso la menzogna.



Al tavolo a cui è seduto Prencipe è in atto una partita a poker dove tutti mentono per ottenere la vittoria. Anche un semplice bluff potrebbe decretare la vincita di uno dei giocatori, l'imputato, il magistrato che indaga, gli investigatori, gli amici e la famiglia. Il romanzo è scritto da un giudice, Francesco Caringella che, quindi, con gli occhi disincantati del tecnico del diritto analizza nel legal thriller anche il processo penale che siede sul banco degli imputati assieme al protagonista.



Oltre alle debolezze del sistema giudiziario, ci sono anche quelle dell'interprete del romanzo, che è, e rimane uomo, prima che poliziotto. Con le virtù e le miserie di chi ha vissuto in un mondo difficile, assimilando nella propria coscenza una quantità moderata di cinismo che lo aiuta a sopravvivere.



«Signori della Corte, io dimostrerò la colpevolezza dell’imputato. Dimostrerò, oltre ogni ragionevole dubbio, che il vicequestore Francesco Prencipe ha barbaramente ucciso, con un unico, vigliacco colpo d’arma da fuoco il suo miglior amico», tuona il magistrato, la trasfigurazione di un personaggio reale che Caringella spiega di aver incontrato alla procura di Milano. Descrizioni e digressioni, fatti e colpi di scena narrati attraverso un linguaggio semplice che conferma oltre alle grandi doti narrative di Caringella, una conoscenza perfetta della macchina giudiziaria. Il colpo di scena reale, invece, riguarda proprio il vissuto dell'autore.



A 26 anni Caringella divenne giudice della settima sezione penale di Milano, proprio mentre esplodeva Mani pulite con l'arresto di Mario Chiesa. Tre anni più tardi proprio Caringella fu il giudice estensore del mandato di cattura nei confronti di Bettino Craxi. «Dopo vent’anni mi chiedo se quella decisione sia stata giusta - dice - Ma mi chiedo se non ci potesse essere più umanità nei confronti di un uomo sconfitto». E un po' di questa umanità investe indirettamente il personaggio del romanzo, accusato da un magistrato in odore di carriera, che al tavolo da poker gioca come il più spietato dei professionisti del tavolo verde.



Francesco Caringella è nato nel 1965 a Bari, città nella quale ha completato gli studi scolastici e universitari, romano d'adozione. Già ufficiale della marina militare, commissario di polizia e magistrato penale in servizio presso il Tribunale di Milano, è Consigliere di Stato dal 1997. E' giudice del collegio di Garanzia della giustizia sportiva e componente della commissione di Garanzia dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche.



Francesco Caringella "Non sono un assassino" (Newton Compton, pagg. 282, euro 9,90)
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