Domenica mattina. Uno splendido sole bacia Roma, le sue periferie ma anche i suoi tesori archeologici che tutto il mondo ci invidia.
In via Appia, all’altezza del civico 251, giganteggia un cartello blu della Soprintendenza Archeologica che dà informazioni sulla vicina Villa dei Quintili e ne indica l’ingresso al termine di una breve strada sterrata. E’ scritto in italiano ma c’è anche la traduzione in inglese. «Area archeologica, punto informativo - archeological area, information point».
E mentre ti incammini e prepari sei euro per il biglietto d’ingresso noti, uno dopo l’altro, gruppi o coppie tornare indietro a testa bassa.
Così, come un matto, cerchi di recuperare i turisti. Di avvertirli che la Villa è aperta e visitabile. Qualcuno ti crede. Qualcuno no. Entri e in tutta la villa conti appena otto visitatori. E te ne vai sapendo che nessuno pagherà per quell’errore e per il mancato incasso.